Se non ci fosse stato Handanovic tra i pali, lo stadio White Hart Lane si sarebbe trasformato in una succursale di Wimbledon. L’Inter ha incassato tre reti dal Tottenham, potevano essere il doppio, come pure il punteggio risultare meno pesante se Alvarez non avesse divorato un’occasione da favola. In tutti i casi, la lezione subita in terra inglese è di quelle che lasciano il segno. L’Europa League è competizione difficile, maledetta se la si affronta con sufficienza. La superiorità del Tottenham non è mai stata in discussione e la scelta di Stramaccioni di mettere in campo Cassano e tenere in panchina Palacio non si è rilevata vincente. Il 4-2-3-1 è risultato un modulo sbagliato perchè Alvarez, Kovacic e Pereira non sono riusciti a costruire la fase offensiva cedendo puntualmente sotto le avanzate degli avversari. Dietro di loro Gargano e Cambiasso non hanno potuto fare argine. Bale, il più temuto, è andato a segno di testa dopo soli 6 minuti. Il raddoppio di Sigurdsson al 18′ del primo tempo vale come un ko al morale nerazzurro, anche se poco prima un cartellino giallo ha eliminato Bale dalla sfida di ritorno a San Siro. Conta poco, perché un’altra incornata, ad opera di Vertonghen, fa tris. L’Inter scesa in campo al White Hart Lane somiglia molto a quella che ne ha preso quattro gol dalla Fiorentina. Una squadra senza identità, con gente che non si riconosce. E’ forse normale che prima Alvarez, poi Palacio subentrato nella ripresa non centrino lo specchio della porta a tu per tu con il portiere Friedel? Un gol all’attivo avrebbe aperto uno spiraglio ai nerazzurri, a un passo dall’eliminazione. Per fortuna c’è Handanovic che evita la goleada.
L’Europa League sorride invece alla Lazio che sbanca Stoccarda con due reti a zero che dovrebbero garantire il passaggio del turno. E la squadra di Petkovic, pure adottando il turn-over, si dimostra compatta e affidabile, ben messa sul piano fisico e lucida nelle geometrie. Quasi sempre basta essere pratici anziché giocare a fare i maghi.