Simone Fornoni
L’ironia della sorte, pardon delle scelte dell’allenatore Gian Piero Gasperini, da coperta lunga dietro
e in corsia, ha escluso Viktor Kovalenko dalla lista Champions. Ma se la new entry della finestra
invernale agli ottavi non potrà replicare la prova del nove in maglia Shakhtar contro lo stesso
avversario nel suo girone, il Real Madrid, potrà crescere interpretando le parti in copione del “post”
Papu Gomez, perché ne colma il buco in casella pur non potendo suturare una ferita aperta, e di
vice. In senso lato, da backup e prospetto per il prossimo futuro. Perché l’ucraino in libera uscita dai
Minatori, quarto di secolo da soffiare a lume di candeline a San Valentino, è l’ennesimo
centrocampista della razza proteiforme gradita al profeta della panchina dell’Atalanta. Un vice per
Matteo Pessina e Mario Pasalic, se non del suo sponsor-interprete Ruslan Malinovskyi e della punta
Aleksey Miranchuk contrabbandata per trequartista a due.
Il biondo di Cherson, del resto, ha avuto il cancello principale spalancato per la succitata fiera
dell’Est, in cui è arrivato per due soldi ovvero 700 mila di svincolo anticipato, proprio dal passe-partout della sua duttilità. E, a dispetto del destino beffardo da spettatore illustre in Europa, col
biglietto omaggio dell’adattamento a più ruoli. Mediano a due alla bisogna o più spesso avanzato tra
le linee nel 4-2-3-1, anche se forse il meglio di sé l’ha dato col suo biglietto da visita definitivo.
Ovvero l’aver smontato le Merengues e insieme Luka Modric, suo dirimpettaio di zolla, da mezzala
sinistra da 4-5-1 con mezzo assist per l’apripista Dentinho in combinazione con Marlos, il primo
dicembre scorso, nel 2-0 casalingo da sensazione dell’allegra banda di Luis Castro al mix di lusso
agli ordini di Zinedine Zidane. Un tipetto che sa fare di tutto, a cominciare dal pressing asfissiante
per far smarrire la bussola perfino a un ex celebratissimo Pallone d’Oro. A differenza di Malina, il
Colonnello, il connazionale, insieme a Lyosha è l’unico dei figli del fu oltre cortina di ferro a non
essere stato prima sdoganato a Ovest. Servirà un adattamento mirato. La base di partenza sono i
numeri. Perché il capocannoniere da cinquina ai Mondiali neozelandesi Under 19 nel 2015 non può
non definirsi un predestinato. Perché 32 palloni nel sacco in 200 partite nel suo solo club fino a
oggi, sommati alle 30 allacciate di scarpe nella Squadra Giallo-Blu e ai trofei in arancionero, 4
titoli, altrettante coppe e due supercoppe nazionali, valgono il verde della speranza in nerazzurro.