Eugenio Sorrentino
Il mondo del calcio ha provato a chiedersi cosa tenesse lontano dal campo di gioco il talento di Josip Ilicic. Rivederlo al centro sportivo di Zingonia, due mesi dopo l’ultima apparizione nel match con la Juventus datato 11 luglio 2020, ha fatto capire che i momenti difficili, di qualunque natura siano stati, si avviano a scivolare alle spalle di una persona la quale, alla pari di chi fa altri mestieri e vive situazioni le più diverse, può ritrovarsi a fare i conti con sé stessa, con i propri equilibri e certezze. Ilicic non deve dare spiegazioni, semplicemente riprendere confidenza con il pallone e affondare i tacchetti nel terreno erboso, ritrovare la familiarità di un tocco condiviso con un compagno, tornare a divertirsi per un torello, ricominciare a destreggiarsi con carezze sferiche fino a liberare la gamba al tiro usando il piede sinistro come l’artista il suo pennello. Le magie, prima che in campo, nascono nella testa. Un passo alla volta per ritrovare fiducia nei mezzi superlativi che egli, maglia numero 72, ha saputo esprimere con una naturalezza straordinaria. Essersi riappropriato dello spogliatoio è gran cosa. Perché lì Josep Ilicic ha ritrovato certamente quell’affetto che l’intero ambiente dell’Atalanta ha espresso con manifestazioni tanto esplicite quanto perduranti. Senza invadenza, nel rispetto di una privacy che non è stato necessario invocare perché nella stima e nell’amicizia risiede il rispetto. Nessuno ha spezzato il filo del legame, né l’interessato né i compagni di squadra, a dimostrazione di una comprensione reciproca maturata naturalmente. C’è in gioco una partita importante, una dimensione da riconquistare e un ruolo da giocatore che merita di essere espresso nel migliore dei modi. Per questo bisogna dare tempo al tempo. L’atleta deve ritrovare la forma, l’uomo la convinzione e l’armonia. I meccanismi vanno rimessi a punto con il fare certosino che solo a Zingonia, forse, viene messo in pratica nella giusta cornice, senza le pressioni che gli attori del calcio altrove vivono tutti i giorni. Il tutto senza fretta. Forse Josip Ilicic spera dentro di sé di rientrare in campo nella cornice maestosa di uno stadio in cui le voci dei tifosi riverberano. Pochi o tanti che siano coloro i quali saranno riammessi sugli spalti. Fino, poi, a ritrovarli tutti in un tempo auspicabilmente vicino. Per una nuova normalità che ci accomuni tutti.