Simone Fornoni
Il ragazzo di Scanzorosciate è tornato nella metropoli con le pive nel sacco dopo una stagione e mezza senza riscatto. E dire che fu grazie alla sua fragorosa doppietta a Napoli, il 25 febbraio 2017, che l’Atalanta del nuovo corso cominciò a mettersi la Champions in testa. Allora come orizzonte, la stagione successiva come traguardo. Rivisto, provato e bocciato. Complice l’ultimo di una serie di guai fisici patiti dallo start dell’insignificante parentesi milanista, Mattia Caldara da enfant-du-pays di ritorno è diventato il figliol prodigo appesantito dal vitello grasso servito in suo onore. Maledicendo l’onda lunga del crociato rotto a Milanello il 2 maggio di 2 anni fa, con quella lesione a losanga del tendine rotuleo sinistro operata nell’ottobre scorso. La losanga, per i comuni mortali un motivo da maglione di cachemire. Nemmeno la corazza da bravo professionista dedito ad alzare l’asticella avrebbe potuto proteggerlo dal gelo del terzo infortunio serio di una carriera zavorrata, oltre che dai ferri del chirurgo, pure dallo sballottamento tra Juventus e Milan, il famigerato scambio di acquisti a quota 35 con Leo Bonucci a prendere l’A4 per l’altro verso. Il calcio del Gasp è bello e performante quanto crudele: 9 apparizioni all’ultimissimo giro di corsa nerazzurro, spesso in bilico tra quinto a sesto di reparto, meno di un decimo delle 93 condite dalla sporca decina nella porta altrui, un quinto ai Ciucci, rampa di lancio per l’empireo del calciomercato da big. Contro la stessa squadra, l’esordio gasperiniano, lui che quello assoluto l’aveva conosciuto sotto Stefano Colantuono, a Catania, trentottesima giornata, il 18 maggio 2014, subentrando nella ripresa a Davide Brivio con Gianpaolo Bellini a rispostarsi dal centro a sinistra: 2 ottobre 2016, 1-0 firmato Andrea Petagna, c’era anche Roberto Gagliardini. L’inizio di tutto, secondo i più. E infatti, ben prima dell’uno-due testa-contropiede a campi invertiti, Madama era stata indotta a fare suo il campioncino nella sessione invernale, facendogli saltare per le visite mediche il Christmas Match contro l’Empoli. Un giretto e mezzo ancora, in prestito a casa sua, ed ecco il grande salto nel buio. 27 ottobre 2018, diagnosi il 30: “Lesione parziale del tendine achilleo e della giunzione mio-tendinea del gemello mediale del polpaccio destro”. Due sole partite col Diavolo, 20 settembre ’18 col Dudelange e 24 aprile ’19 in Coppa Italia con la Lazio. Col Valencia nella coppa dalle grandi orecchie e anche nell’immediato post lockdown, invece, sembrava di nuovo lui. E ora?