Federica Sorrentino
Il judoka Enrico Bergamelli, bergamasco di Lonno, si è confermato campione italiano juniores nella categoria 100 kg, traguardo già raggiunto nel 2019, aggiungendo un altro alloro al Gruppo Sportivo Carabinieri a cui appartiene. Formatosi giovanissimo a Nembro, alla scuola del maestro Franco Colombi, è passato al Body Park Bergamo e nel 2017 si è fregiato del titolo europeo Under 18 in Lituania.
Bergamelli, un titolo tricolore raggiunto prima dello stop imposto a tutti gli sport di contatto e nel silenzio del palazzetto in cui si è gareggiato. Quali sensazioni si porta dietro e quale valore assume la seconda medaglia d’oro nazionale?
Il palazzetto vuoto faceva effetto. Siamo abituati ad entrare in un luogo, si silenzioso, ma dove c’è la gente che ti guarda e ti sostiene. Entrare e sentire i propri passi, quelli dell’allenatore, quelli dell’avversario e semplicemente la voce dell’arbitro, è strano. È stato un campionato diverso da quello che mi aspettavo, ma con un valore molto particolare in questo momento. Una finale nazionale servita soprattutto a dare un segno di ripresa, nonostante il brutto periodo a causa del coronavirus, che ha un significato importante. La vittoria è il coronamento della tenacia in questi mesi di lockdown, dove gli allenamenti si potevano fare in casa.
Negli incontri che l’hanno portata al titolo lei ha messo in mostra tutti i colpi di un perfetto judoka: dalla spazzata con l’anca ai vari generi di ippon. Sente di essere pronto per i grandi traguardi assoluti?
Si, sento di essere pronto. La forma fisica così non la provavo da un po’; sarà stato il lockdown, il periodo di stop, ma non mi sentivo così pronto da tanto tempo.
Il judo è una disciplina che diventa popolare soprattutto con l’appuntamento olimpico, quando si contano le medaglie. A monte dei successi, però, c’è un costante lavoro. Quanto tempo viene dedicato agli allenamenti e come è cambiata la preparazione?
Negli allenamenti all’interno dell’Arma è richiesto il massimo sforzo. Le ore di allenamento sono tante, perché il judo è uno sport in cui bisogna essere capaci di cogliere l’attimo, sono richiesti sempre impegno e concentrazione massimi. Ovviamente l’ambiente di lavoro è importante e l’Arma mi ha dato modo di migliorare, passando dall’essere un dilettante all’essere un professionista. Anche in questo periodo di Covid, dove il judo non si poteva praticare, i programmi venivano spediti ad ogni persona e ognuno riusciva a seguire un allenamento personalizzato in modo da garantire continuità di preparazione.