Federico Errante
Un secondo, un primo ed un settimo posto. La regina della velocità Sofia Goggia lascia la Val d’Isere con un bottino lusinghiero. Venerdì e sabato due discese e altrettanti testa a testa sul filo dei centesimi con la svizzera Corinne Suter, con cui nella libera-bis si è scambiata la posizione. L’elvetica, detentrice delle coppette di specialità sia discesa che di superG, condivide con lei il primato nella classifica di superG. Ed è proprio il pettorale di leader che Sofia ha voluto celebrare con un post ad hoc sui social: “Esiste un’unica zona rossa in cui vorresti entrare, standoci a lungo”. La vittoria di sabato è stata l’ottava in Coppa del Mondo (affiancata Karen Putzer nella graduatoria delle azzurre), il podio numero 29 ed il sesto sulla Orellier-Killy. Non facciamo paragoni con la sua amata Olympia delle Tofane a Cortina – che, nel frattempo, si sta preparando ad ospitare il Mondiale nel prossimo febbraio – eppure anche il tracciato transalpino deve avere qualcosa di speciale. Anche perché senza le sue famosissime “goggiate” (per i non praticanti: numeri assoluti marchio di fabbrica che abbinano il rischio assoluto al disequilibrio pressoché cronico) anche la prima prova del venerdì sarebbe stata sua. Per Goggia un Natale davanti a tutte in discesa e in quinta piazza della classifica generale, con 302 punti a – 6 da Brignone, – 21 da Marta Bassino e – 25 da Michelle Gisin. Guida Petra Vlhova, la slovacca allenata dal selvinese Livio Magoni a quota 465. Prossimo impegno il 28 a Semmering, in Austria: la chance giusta per dare continuità anche ai progressi in gigante.
Per una Goggia “on fire”, una Moioli ancora al palo. E con lei, purtroppo, anche la tappa di Coppa del Mondo di Bergamo del 23-24 gennaio 2021. Il sogno, accarezzato a lungo, va forzatamente e dolorosamente rimandato al 2022. Resta un grosso amaro in bocca per ciò che poteva essere e non è stato. Specie in una fase in cui il nostro territorio avrebbe potuto far leva al meglio su un appuntamento storico, dal sapore di rinascita. Puntare l’indice sulle cause (pandemia, effetto covid sulle sponsorizzazioni mancate, evento a porte chiuse) diviene tanto inevitabile quanto ormai inutile. La certezza è che l’attesa, purtroppo, si dovrà protrarre. A scapito di uno sport già fin troppo imbrigliato in cause di forza maggiore e che deve digerire l’ennesima sconfitta. Che fa senza dubbio rumore e lascia tanti scontenti. Non tutti. E il problema, forse, è proprio qui.