Federica Sorrentino
Una scuola con maestri di primo livello, circa 240 soci e un ottimo gruppo agonistico. E’ il ritratto del Tennis Club Bergamo, sodalizio di lunga tradizione. Come tutti i circoli sportivi, si è adeguato alle misure anti-COVID rinunciando a gran parte dell’attività agonistica. A Giorgio Berta, che ne è il presidente, abbiamo chiesto come cambia la vita associativa e come si adeguano i tennisti.
La vita associativa dopo i provvedimenti cambia notevolmente, perché non vi è più la possibilità di utilizzare gli spogliatoi e i punti di ristoro. La fruizione dei campi da tennis è quindi limitata ai soli giocatori agonisti in vista di manifestazioni di interesse nazionale. Quindi, si arriva sul campo da tennis, si gioca e si torna a casa.
Lei ha frequentato il Tennis Club Bergamo fin da bambino, ha partecipato e vinto numerosi tornei, prima di dedicarsi alla professione di commercialista senza trascurare la cultura, tant’è che presiede la Fondazione Donizetti. Quanto tempo riesce a dedicare alla passione per il tennis?
Alla passione per il tennis come sport ormai poco: ho smesso letteralmente di giocare cinque anni fa, perché non riuscivo a sopportare il livello tanto basso cui ero arrivato. Tuttavia, l’amore per il tennis, e in particolare per il Tennis Club Bergamo, è ancora elevatissimo, tanto che gestisco insieme al mio consiglio tutta la parte amministrativa del Tennis Club Bergamo. E’ molto impegnativo, soprattutto in questo periodo di incertezza, gestire un circolo tennistico e un circolo sportivo in genere.
Al tennis viene attribuita una importante componente formativa. Praticarlo fin dalla adolescenza aiuta a disciplinare e organizzare la propria vita. È ancora così?
Per me sicuramente sì. Probabilmente senza il tennis non avrei il carattere che ho oggi, non avrei avuto le possibilità che una vita piuttosto fortunata mi ha concesso.
Ho iniziato a giocare a tennis a sei anni, credo di essere uno dei primissimi soci del Tennis Club Bergamo, perché lo sono dal 1968 ininterrottamente. Il tennis è uno sport duro anche se non è di contatto, ma uno contro uno dove la psicologia conta enormemente. Ho giocato fino a 23 anni, quindi mi si è formato un carattere che mi è servito molto per il post attività sportiva, quindi quando sono entrato nel mercato del lavoro. Le relazioni maturate, le conoscenze, l’esperienza, sono state fondamentali per la mia formazione. Consiglio a qualunque ragazzo, in particolare ai miei figli, di fare sport, perché lo sport aiuterà sempre nella vita, nei rapporti soprattutto.