Federica Sorrentino
Il rinnovo del Comitato provinciale del Centro Sportivo Italiano di Bergamo, 75 anni di vita, ai cui vertici è stato eletto Gaetano Paternò che succede a Leonio Callioni, ha offerto l’opportunità di tracciare le prospettive future con Vittorio Bosio, presidente nazionale di una tra le più antiche associazioni di promozione sportiva del nostro Paese.
Con il rinnovo del Comitato provinciale, ancora in piena emergenza sanitaria e con le conseguenti limitazioni allo svolgimento dello sport di base, inizia un nuovo quadriennio. Con quale spirito e quali certezze si programma il futuro?
Programmare il futuro in questo momento è davvero complicato, soprattutto per l’attività sportiva di base, visto che viviamo nella totale incertezza sulle misure più o meno restrittive adottate per arginare la pandemia. Lo sport deve essere pronto per ripartire, questo è certo. Il rinnovo del comitato provinciale bergamasco risponde a questo proposito. Credo si stiano mettendo in gioco tante persone per essere all’altezza di questi 75 anni di storia.
Il CSI mette al centro l’accoglienza e l’aggregazione. Come si fa a coniugare questi valori in tempo di COVID?
Ci abbiamo provato comunque, perché tutto ciò che si poteva fare con i nostri ragazzi lo abbiamo messo in atto. Dove non era possibile in presenza, abbiamo optato per i collegamenti a distanza che ci hanno consentito di mantenere le relazioni con i nostri associati e condurre anche alcune attività da casa. Certo, è molto complicato e credo che i ragazzi abbiano sofferto particolarmente questa situazione. Si sono ritrovati senza la scuola, lo sport e le relazioni sociali. Ribadisco che siamo pronti per una ripresa, seppure limitata, anche solo per allenamenti, ma in grado di ridare vita a tutte le attività.
Educare allo sport, come si impegna da sempre a fare il CSI, è diventata una necessità ineludibile. Cosa va offerto affinché si possa disseminare una pratica sportiva che sia anche formazione alla vita?
Per noi lo sport è sempre stato uno strumento di educazione dei ragazzi, che aiuta a crescere le persone. Non abbiamo l’ambizione di creare campioni, anche se poi ne abbiamo annoverati e di questo siamo felici. Ai ragazzi consentiamo innanzitutto di stare insieme, obiettivo che abbiamo sempre centrato perché lo sport del CSI ha aggregato e ha tessuto una vita sociale che abbiamo imparato ad apprezzare di più per effetto della pandemia. Dobbiamo fare di tutto per rimettere al centro i ragazzi e offrire loro tutto ciò che può servire per una vita serena e felice.