Al Museo del Ghisallo una mostra-omaggio a Fornoni e Casartelli

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Si intitola “Oltre i cinque cerchi” la rassegna che apre sabato 11 giugno (durerà fino al 31 agosto), nello spazio espositivo del Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo di Magreglio, nella sala destinata alle mostre temporanee. La rassegna ripercorre momenti salienti e la storia dei Giochi Olimpici che hanno sempre visto protagonista il Ciclismo e le maglie della Nazionale azzurra.

La mostra, curata e ideata da Carola Gentilini, direttrice del Museo del Ghisallo, rende un omaggio speciale a Giacomo Fornoni e a Fabio Casartelli.

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Questa l’introduzione al percorso museale: “Quando si parla, si scrive, si ricordano i Giochi Olimpici lo spirito olimpico si impadronisce di noi. Ci afferra. Nel cuore e nella mente. È come abbandonarsi alle carezze di un panno di pelle azzurra che valorizza quella maglia che con orgoglio corridori agonisti portano in giro nel Mondo e con i Cinque Cerchi irradiano una storia di successo del ciclismo. Da sempre. Perché il ciclismo è sempre stato presente dalla prima edizione, quella di Atene 1896. Ed è una storia infinita che ci avvolge anche in questa mostra“.

Stefano Bruno Galli, assessore regionale alla Cultura e identità, sostenitore del Museo del Ghisallo e grande appassionato di ciclismo e della sua storia, sottolinea il nuovo allestimento: “Figlio adottivo della Brianza lecchese, terra operosa, di sudore e di fatica, di dedizione al lavoro e di spirito di abnegazione, Giacomo Fornoni ha incarnato sino in fondo le virtù briantee. Fu un passista di alto livello. Da dilettante conquistò la 100 km a squadre ai Giochi di Roma del 1960. E da professionista vinse un Trofeo Baracchi in coppia con il suo capitano alla Molteni – squadra briantea di Arcore – Gianni Motta. Bene ha fatto il Museo del Ghisallo a dedicare a questo onesto corridore una mostra, perché incarna tanti valori positivi e importanti per il nostro tempo”.

Continua Stefano Bruno Galli: “Anzitutto la tenacia eppoi la serietà, la modestia e l’umiltà. La mostra ha un’appendice dedicata al povero Fabio Casartelli. Le drammatiche immagini della sua caduta giù dal Portet d’Aspet sono impresse nella memoria di tutti gli appassionati. Fabio Casartelli: anche lui oro olimpico, a Barcellona nel 1992, un altro cavallo di razza brianteo. Fornoni e Casartelli sono stati due grandi interpreti di valori veri e di sostanza, senza l’ossessione della ricchezza e della grande popolarità, inseguendo solo il risultato sportivo. Antichi valori olimpici, che sono al centro di questa bella mostra”.

OLTRE I CINQUE CERCHI – Il 25 agosto 1960 prendono il via i Giochi a misura d’uomo, quelli di Roma. Si concluderanno l’11 settembre in un crescendo di esaltazione agonistica, ma senza sussulti, com’erano cominciati. Nonostante la Guerra Fredda tra Stati Uniti e Urss, lo sport accantona per un paio di settimane i problemi di difficile soluzione. Anche le due Germanie paiono unite: sfilano sotto la bandiera olimpica e gli inni nazionali vengono intelligentemente sostituiti da Beethoven e dal suo “Inno alla gioia”.

In taluni casi lo scenario rinvia a una memoria antica: le Terme di Caracalla ospitano le prove di ginnastica e la Basilica di Massenzio le gare di lotta. Straordinaria, per suggestione, la maratona che si dipana, nel crepuscolo e in una splendida notte romana, dal Campidoglio all’Arco di Costantino e consente un vincitore a sorpresa, l’etiope  Abebe Bikila, che gareggia a piedi nudi. Con Wilma Rudolph, la gazzella nera, vincitrice dei 100 metri, dei 200 e trascinatrice della staffetta veloce statunitense, Bikila assume ruolo di atleta simbolo dei Giochi di Roma. Così introduce Sergio Meda il capitolo dedicato a Roma 1960 nel magnifico volume “Una squadra tutta d’oro – la storia delle olimpiadi moderne nell’immagine dei trionfi italiani” di Vito Liverani.

È in questo quadro magico e azzurro, in una cornice ricca di storia, quella dell’Italia romana, che si dipanano le emozioni di un’edizione straordinaria dei Giochi Olimpici.

UNA BELLA STORIA OLIMPICA: GIACOMO FORNONI – In quello scenario, magico, d’altri tempi, per il ciclismo azzurro si gioca una carriera di valore Giacomo Fornoni, uno dei protagonisti di quell’edizione olimpica.

Giacomo Fornoni

“Era un altruista, era un gran gregario”, sono le parole di commiato di Gianni Motta, campione della strada del ciclismo professionistico, dettate alla Gazzetta dello Sport nel giorno dell’ultimo saluto al campione olimpico Giacomo Fornoni. Alessandro Conti per la Rosea raccoglieva lo sfogo di Gianni Motta, uno dei campioni più amati simbolo della Lombardia vincente a due ruote, insieme al quale Fornoni ha corso nella Molteni e con cui ha vinto il Trofeo Baracchi nel 1964.

Era un altruista – continua Motta -. Con lui il Baracchi avremmo pure potuto vincerlo nel ‘65 – ma ero io che non andavo. È stato un gran gregario. Quando gli dicevo: “Giacomo, tieni la corsa per 160 km”, lui lo faceva, non scappava nessuno. Era uno di quelli che lavorava, che non dava fastidio, che pensava agli altri prima che a se stesso”.

Fornoni resterà sempre uno dei quattro cavalieri della 100 km a squadre dell’Olimpiade di Roma 1960. Scomparso all’età di 76 anni, l’olimpionico è morto a Rogeno in provincia di Lecco dove risiedeva. Il quartetto di Roma 1960 era composto da Antonio Bailetti, Livio Trapè e Ottavio Cogliati, scomparso nel 2008; la squadra aveva vinto la prima medaglia d’oro dei Giochi. Fornoni era stradista e pistard; le nove stagioni da professionista le ha passate alla Molteni. Aveva poi rilevato una trattoria in Brianza e l’aveva chiamata 5 cerchi. E tutta la sua vita riflette la dedizione per la maglia azzurra e questo fondamentale spirito olimpico che si respira nel racconto della sua carriera.

Fabio Casartelli

FABIO CASARTELLI LACRIME OLIMPICHE – Adesso chiudi gli occhi e ascolta nella mente, in totale solitudine e con la mano sul cuore, perché suona l’inno di Mameli. Quando ti prendono quelle note e loro sono sul podio olimpico è difficile trattenere le lacrime. È accaduto tante volte, belle come Roma ’60, indimenticabili quando Fabio Casartelli, a Barcellona 1992, ha riconquistato quell’oro in linea che mancava all’Italia da 24 anni.

Da Roma ‘60 a Tokyo 2021, quell’ultima volta, quella di un treno azzurro che batte la Danimarca riportando l’Italia sul primo gradino del podio Olimpico, a 61 anni dal successo di Roma 1960.

Lamon-Consonni-Milan-Ganna, un’altra Squadra d’Oro capace di schiantare letteralmente nella finalissima dell’inseguimento a squadre maschile la Danimarca campione del mondo in carica. Oro e record del mondo 3:42.032 (alla media di 64.856 km/h). Missili azzurri di una specialità che a distanza di 61 anni, da Arienti-Testa-Vallotto-Vigna (Roma 1960) hanno marcato sugli annali il 24° oro nella pista. Ascolta. È una musica classica. Che resterà per sempre come una colonna sonora che va oltre i Cinque Cerchi Olimpici.

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