La decisione era nell’aria, scontata e ultramotivata. La Maratona di New York, in programma domenica 4 novembre, cede il passo alla post emergenza causata dall’uragano Sandy che ha messo in ginocchio la Grande Mela. La più famosa corsa sulla distanza di 42 km e 195 metri non viene soppressa ma solo rinviata. Nelle ore e nei giorni successivi alla tempesta c’è spazio solo per i soccorsi, l’assistenza e la solidarietà. Un intenso lavoro in corso che richiede tutte le forze concentrare su un unico obiettivo. Questo è il vero senso dello sport. Che senso avrebbe avuto sfiancarsi per garantire a decine di migliaia di maratoneti di raggiungere New York, le cui ferite sono ancora evidenti e infinito il dolore per le 38 vittime provocate dalla furia di Sandy? Che senso avrebbe avuto correre attraverso le zone disastrate? Come dimenticare l’angoscia di chi attende notizie sui dispersi? Non lo ha fatto il sindaco Bloomberg e tutti hanno plaudito la saggia decisione. Tutti ricordano che nel 2011, all’indomani dell’11 settembre, la Maratona di New York si disputò regolarmente, per giunta domenica 4 novembre, e fu salutata dal mondo intero come segnale di rinascita collettiva, in primo luogo della città. In quella occasione la tragedia era concentrata laddove sorgevano le Torri Gemelle. Stavolta l’uragano di inusitata potenza ha lasciato ferite ovunque, colpendo e devastando. I cinquantamila iscritti alla corsa avrebbero saturato gli alberghi di New York, dove si è impegnati ad ospitare i senzatetto e ripristinare i servizi primari. Dal ponte di Verrazzano, punto di partenza della maratona, si intravedono gli effetti del passaggio della supertempesta e lungo molte zone del percorso di gara l’energia elettrica viene erogata a singhiozzo. Una gara, in effetti, c’è e riguarda la lotta per la sopravvivenza di chi ha perso tutto o quasi. Il tempo di rialzarsi e New York sarà pronta a rivivere lo spettacolo della sua maratona.