di Marco Cangelli
L’NBA è il sogno che culla ogni bambino che gioca a basket. Un campionato che ha visto protagonisti fra i più grandi cestisti della storia come Kareem Abdul-Jabbar, Michael Jordan, Magic Johnson e Kobe Bryant e che in futuro potrebbe vedere anche Emmanuel Innocenti.
Il 18enne di Ranzanico è pronto a volare negli Stati Uniti per andare al college e prendere così parte al campionato NCAA, anticamera del torneo più conosciuto del globo.
Il giovane orobico ha dimostrato tutto il proprio talento con la maglia della Stella Azzurra nella Serie A2 così come con la casacca della Nazionale Italiana con cui ha preso parte agli Europei Under 19 ed è pronto a esportarlo oltre oceano.
Nel corso di questa stagione ha conquistato il secondo scudetto giovanile in cinque anni con la Stella Azzurra. Quale differenza ha notato fra gli altri trionfi?
“È molto difficile migliorarsi ogni anno tuttavia, lavorando sui noi stessi, siamo sempre riusciti a confermarci. Ci sono state molte difficoltà quest’anno, ma abbiamo giocato da squadra, abbiamo fatto ciò che l’allenatore ci ha chiesto, siamo rimasti compatti e abbiamo vinto come gli altri anni“.
Si è diviso fra l’Under 19 e la prima squadra con una salvezza in Serie A2 ottenuta con diversi turni di anticipo. Come hai gestito il doppio impegno nonostante la giovane età?
“Stando alla Stella si è abituati ad avere giornate piene e a giocare in categorie differenti. Anche quest’anno ho fatto grande fatica non tanto per i doppi allenamenti, ma per l’impegno accompagnato a quello scolastico. Dopo cinque anni di permanenza si impara a gestire queste situazioni“.
Qualche settimana fa hai concluso il tuo percorso alle scuole superiori chiudendo con l’esame di maturità. Com’è andata e quanto è gravoso affrontare un impegno scolastico di questo tipo?
“La maturità è andata bene anche perché all’orale è uscito un argomento che sono riuscito a collegare alle altre materie. Sono contento per come si sia conclusa. La Stella Azzurra pone grande attenzione al percorso scolastico anche perché, per allenarti, devi andare bene a scuola, altrimenti rischi di saltare degli allenamenti o delle partite. Bisogna imparare a organizzarsi e, quando rimani indietro su qualche argomento, ti mettono a disposizione dei tutor che ti possano aiutare“.
Quanto ti ha aiutato giocare in un campionato dove sono presenti atleti che hanno militato in tornei maggiori nel tuo percorso di crescita, anche a livello internazionale?
“Quando sei giovane, sei fra i più piccoli e devi cercare di ricavarti il tuo spazio in squadra. Nella Stella Azzurra non ho riscontrato grandissime difficoltà perché i miei compagni sono sempre stati gentili e rispettosi e hanno sempre dato una mano ai più giovani. Abbiamo sempre avuto un buon gruppo da quando mi trovo qui. Il campionato di A2 non è comunque un torneo semplice, soprattutto per chi è meno esperto perché ti confronti con chi fa questo solo come lavoro. L’ambizione è di arrivare al loro livello. Non si gioca sempre, ma quando torni a casa, si è sempre imparato qualcosa“.
Qual è il rapporto con Matteo Visintin, tuo compagno di Nazionale e di squadra?
“Siamo buoni amici. Matteo è arrivato l’anno prima di me e siamo sempre stati insieme, sia in prima squadra che in Nazionale. È un buon compagno, ci capiamo, durante l’anno ci vedevamo spesso e questo ha portato a far nascere una buona complicità fra di noi“.
La tua passione per il basket sappiamo che viene da lontano, già dai tempi in cui hai iniziato a Treviglio spinto da tuo padre Ubaldo. Com’è nato questo suo legame con la palla a spicchi?
“Inizialmente volevo fare soltanto calcio, come tutti i bambini, visto che conoscevo poco o nulla del basket. Alle elementari il mio migliore amico, Jacopo, faceva basket e, siccome passavo molto tempo insieme, mi ha spinto a provare la sua disciplina e da quel giorno non ho mai smesso. È diventato qualcosa che piaceva a entrambi e, trovandomi bene, ho deciso di proseguire su questa strada“.
Sappiamo che fino a 5 anni hai vissuto in Costa d’Avorio prima di giungere in Italia e tornare per un periodo a vivere in Senegal per stare più vicino a tua mamma. Cosa ti ha lasciato quel periodo in Africa e quanto ti manca il Paese d’origine?
“Tornare in Africa mi ha fatto ritornare alla mia infanzia. Tutto ciò è stato fantastico perché è sempre bello quando si torna bambini. Da questa esperienza mi sono portato dietro una maggiore libertà mentale e l’ospitalità che solo quei Paesi hanno, un aspetto che mi ha consentito di non sentirmi diverso nonostante all’inizio abbia fatto fatica ad ambientarmi. Ovviamente mi manca la mia città natale, ma so che per raggiungere alcuni obiettivi è necessario fare dei sacrifici e, appena potrò, tornerò dove sono nato“.
Com’è stato lasciare a 13 anni la provincia di Bergamo e trasferirsi a Roma?
“Non è stato facile perché lasciare i genitori, gli amici e la vita precedente è sempre complicato. I primi mesi sono stati difficili perché sentivo la mancanza di mio padre e delle persone con cui trascorrevo il tempo abitualmente. Anche a livello sportivo è stato un cambiamento pesante perché, passando da una piccola società a una molto più grande, aumenta di conseguenza la mole di lavoro e le richieste si fanno più gravose. Grazie ai miei compagni, a Germano, sono riuscito ad ambientarmi e a riprendere la confidenza che avevo in precedenza“.
Nel 2022 hai trascinato l’Italia al sesto posto negli Europei, mancando per un pelo la qualificazione ai Mondiali Under 19. Cosa è mancata a una squadra così talentuosa per giungere alla competizione iridata?
“Quello che ci è mancato è stata la cattiveria nell’ultimo quarto e la fisicità che possedeva la Francia. Abbiamo sofferto un po’ questo aspetto, ma il risultato è giusto perché loro sono stati più cattivi nell’ultima frazione e noi ci siamo un po’ lasciati andare“.
Ora sappiamo che a breve ti trasferirai negli Stati Uniti per affrontare l’università. Dove andrai a collocarti a livello sportivo?
“Ho rinviato questa scelta del college a dopo la maturità per potermi concentrare maggiormente sullo studio. Pian piano ora deciderò, attualmente non ho un quadro chiaro. A breve dovrò far delle visite per sceglierne uno, ma non so ancora in quale andrò“.
Lì affronterai il campionato di NCAA. Cosa ti aspetti da questo torneo così importante che apre la porta all’NBA?
“Fare un cambiamento non è mai semplice, soprattutto se vai in un altro continente e in un altro Paese dove la lingua che si parla è diversa da quella che parli abitualmente. So che sarà dura, però so che per raggiungere questi obiettivi mi ha offerto tutto ciò che poteva offrirmi da un punto di vista sportivo e umano per cui credo che sia arrivato il momento di fare questo step e tentare di arrivare dove vorrei“.
In futuro vedi la possibilità di giocare in NBA?
“È il sogno di qualsiasi bambino. Ora che vedo l’arrivo sempre più vicino, darò il massimo per centrare questo obiettivo. Come andrà lo vedremo più avanti, ma sicuramente darò il 100% per raggiungerlo“.