Il Signore dell’Anello

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marco_belinelli_vittoria_nba_64516 Giugno 2014, una data storica, che rimarrà nel basket italiano come teatro della prima vittoria tricolore nel campionato NBA. Marco Belinelli, nato a San Giovanni in Persiceto (Bo) il 25 Marzo 1986, diventa il primo giocatore a vincere un anello grazie alla serie di finale dominata dai San Antonio Spurs sugli ex bicampioni di Miami (4-1). Un ragazzo come tanti, che insegue il proprio sogno, nato su un campetto di periferia, ma che contrariamente agli altri ha lottato, sofferto e sudato per renderlo concreto e conquistarlo. La trafila delle giovanili, gli scudetti in Italia e poi il grande salto, contro il parere e l’ostracismo di molti, se non tutti. Ogni anno una squadra diversa (Golden State Warriors, Toronto Raptors, New Orleans Hornets), qualche lampo, ma poco più, sommerso nel mare di giocatori “normali” (per gli standard d’OltreOceano). D’altra parte vedendo quanto succedeva a Gallinari e Bargnani (sulla carta con più possibilità di Marco nel ritagliarsi uno spazio da protagonisti), tutto appariva come scontato e segnato, con il ritorno nello Stivale cestistico come unico triste finale. La svolta nella stagione 2013, con il lock-out vissuto in un ambiente che ben conosce, sotto le attente quanto uniche “cure” del guru Marco Sanguettoli, straordinario maestro di fondamentali, affinando i movimenti che potevano garantirgli il salto di qualità. I Chicago Bulls privi di Rose si affidano all’estro del cecchino bolognese per rinvigorire il proprio roster e sotto la guida di Tom Thibodeau, anche la difesa non resta più un mistero. Un altro anno trascorre e nei play-off, si capisce finalmente che tipo di giocatore sia Marco Belinelli. Tutto questo non sfugge all’occhio attento del management dei San Antonio Spurs, coach Popovic, l’ex compagno di allenamento ai tempi della Virtus Bologna che dominava in Italia e in Europa, Manu Ginobili, mostri sacri, autentiche icone di questo sport come Tony Parker e Tim Duncan, un’offerta, un invito (“ti vogliamo per vincere” le parole di coach Pop) a cui era impossibile dire di “no”. La partecipazione all’All-Star Game di Febbraio e la vittoria nella gara da 3 punti. Tutto questo sarà passato nella testa di quel ragazzo avvolto dal tricolore e commosso fino alle lacrime nel ricordare la famiglia, il paese in cui è cresciuto, gli amici veri, quelli che gli sono stati sempre vicini, quelli a cui ha dedicato il suo trionfo. Un trionfo che qualcuno, stà cercando di fare passare come un successo del movimento italiano, ma che in realtà è quello di un grande atleta che ha fatto il proprio percorso, incurante di quanto gli succedeva intorno. Molti, nel più classico degli sport italici, ora saltano sul Carro dei vincitori, dimenticandosi che magari l’estate scorsa faceva piovere sulla testa del numero 3 argentonero, fiumi di critiche, perchè in Nazionale non passava la palla, giocava per conto proprio, non difendeva e chi più ne ha più ne metta. La realtà è che bisogna sapere che la pallacanestro NBA e quella Europea sono divise da un Oceano, in senso letterale e per chi è abituato a primeggiare alle nostre latitudini, la vera sfida stà anche semplicemente nel farsi accettare prima di fare vedere quanto si è capaci. E Marco indossando l’anello, ha dimostrato di averla stravinta…

( commento di Luca Polesinanti )

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