Il vulcano del calcioscommesse torna a eruttare, vomitando nomi di gente già chiamata in causa e, a sorpresa mista a forti dubbi, su persone francamente insospettabili. Purtroppo, va ricordato, il sospetto assume ben altro significato nella giustizia sportiva rispetto a quella ordinaria. I tempi della macchina giudiziaria rimangono lenti e rischiano oltretutto di creare danni, a livello psicologico e non solo, in piena stagione. Il problema, rispetto a episodi analoghi avvenuti in passato, che in questa circostanza c’è ancora tanto da approfondire e indagare. Ovvero trovare i riscontri a una serie di passaggi che meritano di essere chiariti o smentiti. Tralasciamo i calciatori e prendiamo in esame i casi di due allenatori: Antonio Conte, ct della Nazionale, e Stefano Colantuono, che guida dalla panchina l’Atalanta. Conte ha già pagato il suo tributo perché convinto a patteggiare una colpa presunta attribuitagli nel periodo in cui era alla guida del Siena. Il sospetto, da parte dei giudici sportivi, era che fosse a conoscenza di un caso di combine che vedeva coinvolti suoi giocatori. Conte ha dovuto pagare dazio confinandosi per una serie di partite della sua Juventus nelle cabine nella parte alta delle tribune, ma togliendosi anche la soddisfazione di assistere ai successi dei bianconeri. Tirato in ballo nel nuovo capitolo dell’inchiesta della procura di Cremona, Conte respinge le accuse di frode sportiva (ci si riferisce alla partita Albinoleffe-Siena 1-0 di fine campionato del 2011) dopo avere visto il suo nome stralciato dal fascicolo concernente l’accusa di associazione a delinquere, contestato invece ai calciatori Mauri, Doni e Signori. Il ct resta al suo posto, sostenuto anche dai vertici della Figc, riaffermando la propria integrità morale. Ebbene, se dovessimo descrivere la personalità di Antonio Conte, manifestatasi nel corso della carriera di calciatore prima e allenatore poi, dovremmo riconoscerne le doti di combattente, tipiche di colui il quale non scende a patti. Stessa identità di Stefano Colantuono, che si ritrova ad aver sposato la più importante realtà del calcio provinciale, storicamente parlando. A Bergamo si è incarnato nello spirito dell’Atalanta, ha tenuto dritta la barra quando, per due stagioni, la squadra ha dovuto fare i conti con le penalizzazioni legate al primo filone del calcioscommesse. Ora si trova tirato in ballo, sembra per un riferimento a lui fatto durante una telefonata da uno dei tesserati della squadra bergamasca. Una pugnalata bella e buona, che coinvolge anche il ds atalantino Gabriele Zamagna, noto per lo stile, la mitezza e il comportamento irreprensibile. Per entrambi si è speso personalmente il direttore generale del club orobico, Pierpaolo Marino, il quale ha ribadito a chiare lettere piena fiducia e stima nei loro confronti. Colantuono è uscito poi allo scoperto, senza nascondere l’amarezza per un’accusa che ne mette in discussione l’immagine di lealtà e rigore morale che contrassegna la sua vita e la carriera nel mondo del calcio. Dovrà dimostrare la sua estraneità ai fatti contestatigli. C’è da ritenere che lo farà con fierezza e determinazione.