Le inquietudini del Var. Meglio dare tre challenge agli allenatori

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Dopo aver visto come il Var ha annullato il gol al Torino nella gara di ieri contro il Venezia, ci si chiede perché mai, al contrario, non sia stato annullato quello della Fiorentina contro l’Atalanta in Coppa Italia.
Torino: minuto 90’. Da una punizione sul lato sinistro battuta dal Torino, Pobega si trova in fuorigioco alle spalle di Belotti. Sembra passivo. Non interferisce sulla traiettoria della palla e non impedisce al difensore di intervenire per contrastare Belotti. Lo stesso centravanti colpisce la palla nitidamente e la spedisce in gol. Grandi festeggiamenti per il pareggio ottenuto, ma poi però giocatori, mister e pubblico si accorgono che è intervenuto il Var. Inquietudine. Dopo quasi tre minuti l’arbitro Giua viene chiamato a riguardare l’azione e decide che Pobega è in fuorigioco attivo.
Bergamo: minuto 94’. Biraghi dal lato sinistro batte una punizione per la Fiorentina. Bonaventura è dietro la linea della palla chiaramente in fuorigioco. La palla arriva in area e dopo un rimpallo di alcuni giocatori (nei pressi anche Bonaventura, che quindi si trova in una posizione attiva) capita sui piedi di Milenkovic che la spedisce alle spalle di Rossi. La Fiorentina esulta per la vittoria ottenuta allo scadere, ma poi però giocatori, mister e pubblico si accorgono che è intervenuto il Var. Inquietudine. Dopo due minuti abbondanti l’arbitro Fabbri fischia e chiude l’incontro decretando la vittoria della Fiorentina.


Quello del Var è un tema divisivo. Non passa domenica che giocatori, allenatori e pubblico non si lamentino per qualcosa. Non c’è omogeneità nei giudizi e nelle decisioni. Il Var è percepito soprattutto come tema televisivo. Se stai guardando la partita alla tv nel salotto di casa tua, prima che intervenga il Var, hai già visto due o tre volte al reply l’azione incriminata. Prima che l’arbitro fermi il gioco o lo faccia reiniziare, la tv ha già riproposto le immagini più volte, anche al rallentatore. Ti sei già fatto un’idea e ti aspetti che intervenga il Var. È una situazione di tipo tecnologico a cui il telespettatore è portato a vivere quasi in modo naturale. I tempi televisivi ti teletrasportano nella dimensione del Var, dove la partita viene spezzettata in diversi frame, e alcuni uomini-arbitro, chiusi in una stanza, lontani da rumori, sensazioni, umori del pubblico prendono decisioni, che in alcuni casi si trasformano in sentenze.
Un conto è essere allo stadio, dove la gara si sviluppa secondo dopo secondo con la velocità del tempo che non si può riavvolgere. Il primo rigore assegnato alla Fiorentina nella gara contro l’Atalanta, per esempio, ha gettato tutti nell’interrogativo. Persino i giocatori della Fiorentina. Dopo due minuti, dopo cioè che l’azione era ripartita e si era esaurita nella porta avversaria, l’arbitro ha fermato tutto; si è riavvolto il nastro, ha atteso comunicazioni, è stato richiamato al Var, è andato a guardare le immagini e ha decretato il rigore che nessuno ha visto. Un pestone accaduto sulla riga dell’area grande. Questione di centimetri.
La situazione getta il pubblico in una situazione di inquietudine perché chi ha giocato a calcio non è abituato a queste situazioni. Se l’arbitro non vede, anche se hai fatto fallo, la sfanghi. Invece ora non è più così. Da aggiungere che allo stadio non hai la possibilità di vedere un reply, a meno che ti porti un aggeggio tecnologico che ti permetta di essere collegato alla tv. Ma allora è inutile andare allo stadio.
Lanciamo una proposta: perché non facciamo come nel tennis o nella pallavolo. Diamo la possibilità agli allenatori di poter chiamare un challenge quando si reputi dubbia una situazione dal campo. Diciamo che potrebbero averne a disposizione tre. Un contrasto di gioco non può essere valutato da un uomo che sta rinchiuso in una stanza senza percepire la gravità dell’intervento. Dal campo sì, si può e allora lo decida chi è lì, vede e percepisce. Un fuorigioco non può essere valutato per una questione di centimetri, deve valere per l’azione che viene percepita.

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