Chi se lo sarebbe aspettato che il Milan avrebbe sfoderato la più bella prestazione dell’anno, tatticamente intelligente, al cospetto della squadra più forte del mondo? Chi poteva pensarlo nella prima parte di stagione, quando gioco e risultati latitavano? E quanti sarebbero stati pronti a scommettere che il Milan versione nouvelle vague fosse solo frutto dell’arrivo di Mario Balotelli?
La gara di andata degli ottavi di finale di Champions League a San Siro diventa invece un palcoscenico per un’opera unica destinata a lasciare il segno. I blaugrana detengono il controllo di palla per due terzi del tempo totale, ma i rossoneri impediscono di affondare, costruiscono le migliori occasioni e vanno a segno due volte nella ripresa. Esattamente come farebbe un pugile che, prese le misure all’avversario, colpisce in contropiede. Beninteso, il Barcellona esce sconfitto, non va al tappeto e nel match di ritorno per l’accesso ai quarti il Milan sarà chiamato a una prestazione uguale se non addirittura superiore. Ma il 2-0 del Milan ai campioni del mondo è un capolavoro tattico basato sulle cose semplici. La grandezza di Massiliamo Allegri e del suo gruppo risiede nella capacità di interpretare la partita facendo leva sulle proprie caratteristiche e presidiando gli spazi dove di solito quelli del Barcellona sono abituati a inserirsi. Ebbene, il gioco stavolta non riesce ed, eccezion fatta per due conclusioni dalla distanza, gli spagnoli non tirano in porta. Al punto che Abbiati deve ricorrere a esercizi di riscaldamento. Due 4-3-3 a confronto. Tra i rossoneri c’è un centrocampo che affida a Montolivo la posizione centrale, Ambrosini e Muntari gli esterni; tutti si sacrificano nel gioco di interdizione e lo fanno con grande efficacia, senza incorrere in sequenze di interventi fallosi. Leo Messi, che si solito tiene il pallone incollato al piede con la carta moschicida, se lo vede sottrarre a ripetizione. Altro che marcatura a uomo. Boateng sulla destra e El Shaarawy sulla sinistra rientrano puntualmente a dare man forte sulle rispettive fasce a Abate e Constant, mentre al centro della difesa Mexes domina in coppia con Zapata. Non può esserci Balotelli, non schierabile nelle coppe europee, ma c’è Pazzini, abile di testa e nel tenere palla per far risalire la squadra. E quando affondano, i rossoneri creano pericoli. Boateng quasi grida al gol quando al 16’ del primo tempo, su azione d’angolo, gira di prima intenzione verso la porta catalana sfiorando il palo. Al 36’ c’è lo zampino di Boateng anche nel lancio in profondità a centro area su cui El Shaarawy non arriva per un soffio alla deviazione vincente. La svolta al 13’ della ripresa quando Montolivo calcia una punizione da 25 metri, il pallone carambola sul corpo di Pedro e rimbalza sulle braccia di Zapata; l’arbitro opta per l’involontarietà e Boateng in mezza girata insacca. Nemmeno quando gli si offre un calcio di punizione Messi riesce a pungere. Non incide Sanchez entrato al posto di Fabregas, diventa decisiva la sostituzione di Pazzini, fondamentale il suo apporto e coraggio, con Nyang che al 35’ si destreggia in area e appoggia a El Shaarawy, il quale apre a sinistra per l’accorrente Muntari che scaraventa in rete. Due gol di marca ghanese. Dopo tre pari e una sconfitta a San Siro in gare europee, il Milan confeziona una serata indimenticabile. La vittoria dell’umiltà contro la presunzione? Forse. Com’e’ vero che nel calcio, spesso, pur avendo le qualità, occorre fare le cose semplici.