Ci sono storie destinate a far parlare a lungo nel mondo del calcio, che intrecciano personaggi di primo piano e oneste figure di provincia. Il giro di scommesse e partite truccate ha lasciato il segno e dimostrato che, nell’era di internet e degli smartphone, le uniche armi per contrastare l’infedeltà e la scorrettezza siano il rispetto del codice d’onore e l’onestà. Chi legge potrà scatenarsi in una grassa risata, affibbiandoci la patente di ingenuità. Invece è proprio dai principi etici che bisogna ripartire. La globalizzazione non ha fatto altro che estendere pericolosamente il malcostume e i comportamenti sleali ad aree lontane anche culturalmente dalla passione sportiva e calcistica così com’è radicata nella nostra società. Eppure eccoci a fare i conti con j’accuse e conseguenti deferimenti. La giustizia sportiva, in passato come allo stato attuale, intende guardare in faccia nessuno e tira dritto per la sua strada. Meglio patteggiare che finire arrostiti sulla graticola delle penalizzazioni. Oppure affrontare con la forza della dignità il processo per dimostrare (sapendo in tutta coscienza che sia tale) la propria assoluta innocenza. Sapere e non sapere. Sapere e non aver avuto il coraggio di denunciare. Non sapere affatto ma essere chiamati comunque in causa e doverne rispondere. Nell’elenco degli accusati ci sono sicuramente quelli che definiremmo “presunti innocenti”. Lo vogliano o no, chiamati in causa da qualche ex compagno o tesserato. E’ sufficiente che abbiano sentito dire per finire nel tritatutto. Ricordate la drammatica vicenda di Enzo Tortora e di Portobello? Dovremmo esserne indignati, eppure, quantunque non ai livelli della terribile accusa che trasformò in martire l’onestissimo giornalista e presentatore televisivo, nella vicenda del calcioscommesse, in qualche caso senza apparente prova concreta, qualcuno rischia di vedere la propria carriera sportiva profondamente segnata se non addirittura stroncata. Conti alla mano, pentiti e accusatori finiranno per usufruire di sconti di pena, qualcun’altro potrebbe ritrovarsi a pagare forse ingiustamente e più del dovuto. Intendiamoci, alterare un risultato sportivo è grave senza se e senza ma. Si tratta, però, di riuscire a dimostrare l’effettiva colpa, responsabilità o coinvolgimento. “Basta la parola”, sentenziava un famoso spot dello storico Carosello. E così rischia di trasformarsi la vicenda del calcioscommesse: una vicenda che richiede fermezza, ma al tempo stesso rischia di travolgere chi ha o avuto il solo torto di incrociare, nella vita professionale, le persone sbagliate, vestendo la stessa maglia e pensando di difenderne tutti insieme i colori.