Emilio Troiano è formatore di preparatori fisici con 12 anni di esperienza in Italia e all’estero (fondatore della prima Scuola di Formazione nel settore Allenamento Funzionale in Europa, la WTA Functional Training Academy). Vive a Funchal in Portogallo ed è di Potenza. Ha un’attenzione maniacale alla preparazione fisica degli atleti riguardo la prevenzione degli infortuni. La preparazione, per lui, deve essere fatta per ottenere dagli atleti la massima resa, indipendentemente dalla disciplina che praticano, per intensità, forza e resistenza. Sono stati realizzati tre studi scientifici universitari che dimostrano come il sistema di Emilio Troiano, riguardo alla prevenzione infortuni nel calcio, sia stato quello che ha portato il minor numero di assenze stagionali per infortuni, nelle ultime cinque stagioni dei campionati professionistici italiani. Conosce bene il mondo del calcio, quindi, e si stupisce ogni volta che sui campi succedono cose che, per i tifosi sembrano normali, ma che per lui, invece, sono dei marchiani errori di preparazione di base.
“Nella 10.a giornata di Serie A, tre sono i casi che hanno fatto clamore riguardo gli infortuni muscolari – osserva Troiano -, e sono tutti infortuni che riguardano i posteriori della coscia. Bremer della Juventus (squadra che detiene il record di lesioni muscolari da inizio stagione, per non parlare della scorsa stagione), ha accusato una lesione muscolare che lo terrà fuori per le prossime 5 partite. Immobile della Lazio, attuale capocannoniere di Serie A, già vittima di diversi problemi fisici da inizio stagione, ha accusato la lesione muscolare che lo porterà a saltare diverse partite; Berardi del Sassuolo, il caso più eclatante dei tre, rientra dopo un mese e mezzo nel quale era stato assente per infortunio (in pratica quasi tutto l’inizio di stagione), e il suo contributo dura appena 23 minuti (entra al 56’ ed esce al 79’). Lesione muscolare anche per lui. Chi mi conosce sa che da anni sostengo quanto il livello di preparazione tecnica dei Preparatori FIGC sia estremamente insufficiente rispetto ai livelli di intensità e all’alta frequenza degli impegni agonistici stagionali del calcio moderno”.
La sua è una denuncia pesante nei confronti dei preparatori atletici delle squadre professionistiche.
“Parla il campo. Guardate le squadre di club italiano che giocano in Europa e la Nazionale quali risultati hanno raccolto negli ultimi decenni e quanti infortuni si contano nelle squadre dei vari club. Dybala che si procura una lesione al retto femorale del quadricipite calciando un rigore, e Di Maria che regge 20 minuti prima di incappare nella terza lesione muscolare in due mesi (ischiocrurali e in precedenza adduttori), la dice lunga sul livello tecnico-professionale di chi si dovrebbe occupare della prevenzione degli infortuni e sulla forte incoerenza di tutto il Sistema Calcio Italia”.
Perché allora le squadre si affidano ai preparatori Figc, nonostante gli scarsi risultati, e non mettono in discussione questo sistema?
“Il sistema tende a difendere se stesso. Se chi insegna è il primo a non aggiornarsi, cosa si può sperare che facciano poi i relativi studenti? La formazione in FIGC si basa su tecniche arcaiche e totalmente al di fuori degli standard mondiali di preparazione atletica. Tematiche come le catene cinetiche, la mobilità articolare globale e multiplanare, nonché la forza neuro-muscolare, paiono essere delle vere e proprie chimere, quando invece sono l’unica via non solo per salvaguardare la salute degli atleti, ma anche per permettere loro di esprimersi al massimo del proprio potenziale fisico e tecnico all’interno di quello che è un sistema calcio moderno di altissima intensità, come in altri campionati europei insegnano e dimostrano si possa fare. Basta vedere il programma di studi di Medicina e Fisioterapia in Italia, per capire cosa si intende per strategie operative di salvaguardia della salute muscolo-scheletrica degli atleti”.
All’estero è proprio così diversa la preparazione?
“Nel panorama calcistico mondiale in questo momento spicca un attaccante norvegese, Haaland, di 22 anni capace di segnare più reti del numero stesso delle partite che disputa.
Il fattore che stupisce gli appassionati di calcio è come sia possibile che un “gigante” di 194 cm con 94 kg di peso, dia due metri di stacco a ogni avversario in ogni sprint che fa, inclusi avversari più bassi e leggeri di lui. Se questo può stupire gli appassionati-tifosi, non dovrebbe stupire gli “addetti ai lavori”, ovvero i preparatori atletici. Se sapessero quanto sia importante lo sviluppo (continuo e costante) della forza, allora non si stupirebbero di come un atleta forte (che da sempre mette al centro della propria preparazione la forza), sia poi anche veloce e potente. D’altra parte, se questo pare essere molto chiaro tra i preparatori atletici inglesi, tedeschi e dei Paesi del Nord Europa (oltre che degli USA), in Italia vige ancora la strana convinzione che la forza rallenti l’atleta, e che sia meglio puntare sulla resistenza. L’intensità nel calcio (ma non solo) è diversa rispetto a 10 anni fa, e senza forza non esiste incremento di intensità. Finché non si capirà questo semplice, ma determinate concetto, il calcio italiano continuerà a decadere”.
È per questo che le squadre italiane non sfondano nelle competizioni europee?
“La Juventus, la squadra più blasonata della Serie A, quella che dovrebbe essere considerata la prima della classe, nelle ultime quattro stagioni è stata eliminata da Ajax (Olanda), Lione (Francia), Porto (Portogallo) e Villareal (Spagna), squadre ben al di sotto come parco giocatori e valore della rosa. Evidentemente le ragioni di questo fallimento sono da ricercarsi altrove. E questo altrove sono i troppi infortuni patiti dagli atleti che vengono meno proprio nel momento clou della stagione. In altre parole, è solo un certo tipo di preparazione atletica che è in grado di aumentare i giri del motore dei calciatori e di creargli una struttura muscolo-articolare solida tale da evitare lesioni muscolari, tendinee e legamentose”.
Che cosa suggerisce per risolvere la questione?
“Chi ha studiato la Fisiologia e la Biomeccanica del corpo umano, e ne ha compreso realmente il funzionamento in relazione alla preparazione atletica, dovrebbe sapere come per correre più veloce e avere più resistenza per più tempo, nonché per essere più agili, mobili, stabili e coordinati, bisogna allenare i calciatori con un metodo globale e funzionale. Non ci sono altre strade. Purtroppo la stragrande maggioranza delle squadre italiane utilizzano metodi di preparazione atletica obsoleti, che non solo non considerano il condizionamento dei calciatori in modo da attivare tutti i muscoli in sinergia assieme (nel rispetto dei gruppi funzionali e delle catene cinetiche), ma fa esattamente il contrario, ovvero allenano i muscoli separatamente “a compartimenti stagni” e senza una logica di attivazione cinematica, l’unica in grado di prevenire lesioni in movimento e di incrementare l’efficacia dei movimenti in campo ad alta intensità”.
Esistono infortuni che possono essere attribuiti alla sfortuna? O sono tutti dipendenti da una non corretta preparazione atletica?
“Gli infortuni inevitabili sono quelli da trauma diretto. Per intenderci sono quegli infortuni che avvengono quando il calciatore subisce un intervento scomposto e lesivo da parte di un avversario. Vedi il calcione che Origi ha rifilato a Djimsiti che gli ha procurato la frattura del perone. Gli infortuni da trauma diretto nel calcio, in una stagione, sono meno del 20% (dati da statistiche UEFA a seguito di studi scientifici degli ultimi 15 anni); poi ci sono gli infortuni da trauma Indiretto (circa il 50%) e da stress/sovraccarico (il restante 30%). Gli infortuni da trauma Indiretto sono quelli nei quali il calciatore subisce una lesione importante ad esempio a livello dei legamenti del ginocchio a seguito di una distorsione del ginocchio stesso, ma senza che nessun avversario entri in contatto diretto con lui e tutte le lesioni muscolari, gli stiramenti (di primo, secondo e terzo grado) che avvengono durante un movimento del calciatore, senza contatto con l’avversario. La terza categoria è quella degli infortuni da stress/sovraccarico, e in questa rientrano tutte le infiammazioni acute e croniche che poi portano i calciatori all’impossibilità di giocare, quali la pubalgia, la tendinite rotulea, la tendinite achillea, la fascite plantare, le lombalgie, le infiammazioni alla spalla (grosso problema per i portieri)”.
Quindi una errata preparazione atletica riguarda l’80% degli infortuni dei calciatori.
“Avere un assetto posturale errato, con scarsa mobilità articolare dei due fulcri di movimento primari del corpo umano (cingolo pelvico-anche e cingolo scapolo-omerale-toracico), porta il corpo ad assumere delle errate posture durante l’esecuzione dei movimenti in campo, che si traducono in sovraccarichi disfunzionali di determinate aree/articolazioni (inguine nel caso della pubalgia, ginocchia nel caso della tendinite rotulea, caviglia nel caso della tendinite achillea e della fascite plantare, rachide lombare nel caso delle lombalgie e cingolo scapolare nel caso delle infiammazioni alle spalle). Vi sognereste mai di prendere la vostra macchina e tirarla al massimo senza averla preparata con un ottimale assetto e un perfetto funzionamento del motore? Secondo voi è possibile per un calciatore potersi esprimere al massimo del proprio potenziale tecnico, in un calcio così fisico e intenso come quello attuale, senza avere riequilibrato la propria postura e senza avere costruito un alto livello di performance atletica, tale da permettergli l’espressione di alta intensità in campo, mantenendo la lucidità per controllare il proprio corpo in qualsiasi movimento che fa in campo, senza subire lesioni da scarsa padronanza dei movimenti?”.
Oggi nel calcio si richiede velocità, cambi di direzione, scontro fisico, corsa, forza e resistenza.
“Resistenza alla velocità è ciò di cui ha bisogno il calciatore per competere per oltre 90 minuti di una partita, nella quale deve pressare l’avversario per recuperare palla, deve correre per smarcarsi di continuo per ricevere palla, deve sprintare per finalizzare un’azione, ecc. ecc. In poche parole deve essere in grado di soddisfare tutte le richieste tecniche e tattiche che gli chiede l’allenatore in campo. Se si pretende dal calciatore di fare determinate cose in campo, bisogna prima metterlo nelle condizioni fisiche per farlo. Ma a questo punto la domanda sorge spontanea, ma allora come mai i preparatori atletici non riescono a portare i calciatori a un livello di intensità pari alle squadre che giocano in Europa, e a preservarli dagli infortuni da trauma Indiretto e da stress/sovraccarico? La risposta risiede nei loro percorsi formativi; è lì che si vede da dove traggono gli strumenti per operare nella loro professione. Un preparatore atletico di Serie A deve essere laureato in Scienze Motorie e deve avere acquisito il patentino di Preparatore atletico della Figc. Bene, allora basta andare a vedere nel dettaglio il piano di studi di Scienze Motorie e del corso di Coverciano, e per chi ne capisce, è presto spiegato perché poi questi preparatori atletici utilizzino metodi obsoleti e per nulla efficaci a sostenere l’intensità richiesta nel calcio europeo moderno e per nulla efficaci nel prevenire gli infortuni”.
Quindi è il corso della Figc a essere obsoleto?
“Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Nei miei oltre 12 anni come formatore di tecnici dell’esercizio fisico, ho avuto molti corsisti preparatori atletici di Serie A, e ho trovato sempre grosse carenze non solo a livello teorico, ma anche a livello pratico nell’esecuzione degli esercizi sotto il profilo tecnico e posturale. Sono gli stessi preparatori atletici che hanno problemi posturali, di mobilità articolare e di biomeccanica esecutiva degli esercizi.
Mi spiegate come possa essere possibile poi per loro andare a insegnare gli esercizi ai calciatori che allenano? Sono loro stessi che hanno grosse carenze tecnico-didattiche che poi li porta a non considerare l’importanza delle caratteristiche chiave sotto il profilo dell’intensità e della prevenzione infortuni”.