Marino e Atalanta, fine di un ciclo

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marinoLa notizia dell’addio di Pierpaolo Marino all’Atalanta, benché frutto di una separazione consensuale annunciata in pieno solleone, potrebbe essere visto come un fulmine a ciel sereno in un’estate alquanto afosa. Conoscendo il carattere e il proverbiale aplomb del dirigente di lungo corso (38 anni di attività e 400 partite in serie A), così non è e la decisione, maturata, come lui stesso sottolinea, alla fine dello scorso campionato, riflette una ragionevole consapevolezza: la chiusura di un ciclo. Un ciclo iniziato in un’estate torrida che vedeva l’Atalanta, reduce dal trionfale ritorno in A, coinvolta nel calcioscommesse. Un’annata iniziata con una pesante penalizzazione e culminata in una stagione di successi e record dopo una certosina rifondazione dell’organico condotta da Pierpaolo Marino nell’ultima settimana di calciomercato. Non a caso l’ormai ex DG atalantino richiama i grandi momenti della sua carriera dirigenziale, citando l’anno della salvezza dell’Atalanta partita con il -6, la permanenza in A raggiunta con l’Udinese penalizzata di tre punti e prim’ancora con l’Avellino da -5 nell’anno del terremoto, insieme al primo scudetto conquistato dal Napoli. Potrebbe dire tanto Marino, magari togliersi qualche sassolino dalla scarpa se ne avesse, ma non rientra nel suo stile e oltretutto sarebbe ingiusto nei confronti della famiglia Percassi, Antonio e Luca in particolare, per i quali spende non senza cadere nell’emozione i suoi ringraziamenti, unendo la città di Bergamo e il pubblico nerazzurro sempre caloroso, compresa la curva Nord, che lo osannò quando nella partita casalinga con il Palermo, dopo un violento nubifragio, si impegnò in prima persona nell’atto di il campo dell’acqua caduta abbondante. Lo spirito dell’Atalanta è anche questo.

“I primi tre anni molto belli e coinvolgenti – dichiara Marino – Scelta dolorosa, ma necessaria. Vado via con tristezza ma anche con la convinzione di aver contribuito ai risultati raggiunti dall’Atalanta. Alla fine dello scorso campionato ho intuito che il ciclo fosse chiuso, ma il rapporto poteva risolversi solo consensualmente. Mi piace uscire come un pugile imbattuto “. Glissa sul ds Sartori, ma ammette che il carisma del direttore generale deve essere sempre forte, umile ma mai modesto. “E’ importante conservare la credibilità” – aggiunge.  Le parole di stima coinvolgono tutti, dirigenti, collaboratori, staff societario e ovviamente il gruppo dei calciatori. Lascia il nucleo storico della rosa e l’allenatore Reja che definisce un importante valore aggiunto. Si è imposto un periodo sabbatico di almeno sei mesi, prima di rituffarsi nel mondo del calcio, chissà se in una società o a livelli alti federali, dove servono dirigenti di grande esperienza. Con l’addio di Marino l’Atalanta apre per forza di cose un nuovo ciclo.

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