Milan, zero in condotta

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Dopo le sconfitte interne di campionato contro Sampdoria e Atalanta, il Milan non va oltre lo 0-0 all’esordio nel girone di Champions contro l’Anderlecht, nonostante arrivi quattro volte pericolosamente al tiro concedendo però tre occasioni da gol ai belgi. Il Milan non sa più segnare e, quel che è peggio, subisce quasi supinamente le accelerazioni, neppure tanto irresistibili, di fronte a squadre di valore medio. Milanello non è più la fucina dei campioni continui e inossidabili, quello del cuore e della marcia in più. Ibrahimovic e Thiago Silva facevano la differenza dei rispettivi reparti, gente come Gattuso e Seedorf davano un contributo di ritmo, spinta ed energia. Boateng sembra cristallizzato nella scena da fantacalcio che Mediaset ha costruito per promuovere il suo canale Premium. Al trequartista ghanese è stato affidato il compito di trainare la squadra, ma al momento non sembra in grado di poterlo fare con la padronanza, lucidità ed efficacia che il ruolo richiede. Pazzini s’illumina a sprazzi e finora lo ha fatto solo in campionato e lontano da San Siro, dove il Milan non ha ancora vinto in questa stagione e mai segnato nelle ultime tre partite (le due perse in campionato e quella a reti bianche con l’Anderlecht). El Shaarawy sembra patire la sindrome del pulcino pio, benché gli si debba riconoscere una buona dose di sfortuna quando, entrato dalla panchina nella gara di Champions, ha inzuccato nel modo giusto trovando però l’opposizione del reattivo portiere belga. Non resta che attendere l’uscita dall’infermeria di Robinho e Pato. C’è da chiedersi cosa vorrà e potrà fare Montolivo e quale posizione più gli si potrebbe addire in una squadra che non ritrova, slegata e lontana parente di quella scudettata due stagioni fa. Così come resta da capire quale contributo sarà fornire De Jong, cancellato dalla tattica di Colantuono e non pervenuto in Champions. Peraltro, il Milan commetterebbe un grosso errore a estromettere Allegri, perché il problema vero è nell’assortimento della rosa. E’ il prezzo della spending review e un allenatore vincente deve saper ricucire i fili che formano lo spirito di squadra. Se non riuscisse, Allegri sarebbe il primo ad accorgersene e a trarre le conclusioni.

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