Roma-Juve, missione incompiuta

572

tevezLa Juventus accarezza all’Olimpico capitolino il sogno dello scudetto virtuale, passando in vantaggio con uno splendido calcio di punizione di Tevez che emula l’assente Andrea Pirlo e rispolvera un gesto storico di Michel Platini nel lontano 1983 e nella stessa porta, opposta alla curva sud giallorossa. La Roma reagisce e in inferiorità numerica agguanta il pareggio con Keita mettendo alle corde i bianconeri nel finale di partita, ma non riesce ad accorciare il divario in classifica che resta di nove lunghezze. Si può affermare che per le squadre di Garcia e Allegri si sia trattato di missione incompiuta, perché il pareggio non le accontenta anche se i motivi per rammaricarsi sono diversi. La Juve, scesa in campo con il 3-5-2 e apparsa superiore in chiave di organizzazione, manca il match-point per accumulare 12 punti di vantaggio a 13 giornate dal termine del campionato. La Roma mantiene il livello di imbattibilità dei bianconeri ma viene condannata dalla serie di pareggi casalinghi. L’esito dello scontro al vertice è la conseguenza di una partita estremamente tattica, con la Juve che chiude gli spazi e si tiene pronta a ripartire con Tevez e Morata, mentre la Roma, priva di un riferimento offensivo e proposta con Gervinho e Ljajic sulle fasce e Totti centrale ma spesso arretrato, non effettua alcun tiro verso Buffon per 70 minuti, limitandosi a far girare la palla. Alla fine, non a casa, vedrà quasi il 60 per cento di possesso a favore dei giallorossi. La squadra di Garcia è bloccata sia dall’assetto tattico che dalla testa. Prova ne sono i tanti errori in fase di disimpegno e costruzione. Ne commette molti Yanga Mbiwa, esponendo la Roma al pericolo del contropiede veloce dei bianconeri. Totti si impegna a mettere ordine, Pjanic non incide, Ljajic non entra mai in partita. Nelle file bianconere fa molto bene Pereyra, altrettanto Vidal che nella ripresa, al 5’, lambisce il palo alla sinistra di De Sanctis e poi al 18’ induce Torosidis al fallo al limite dell’area procurando il calcio di punizione che Tevez trasforma. Nella circostanza Torosidis lascia il campo per doppia ammonizione e la Roma si ritrova sotto di un gol pesante psicologicamente. Garcia, fedele al suo stile, mantiene il centrocampo a tre lasciando davanti Totti e Gervinho. L’ingresso di Florenzi per Ljajic è il primo segnale di riassetto. I pericolo per la Juve arrivano solo da palle inattive. Manolas, impeccabile in difesa, con un colpo di testa scalda le mani di Buffon che si distende e devia. Ma a dettare il cambio di passo romanista è la rinuncia a Totti e De Rossi, avvicendati da Nainggolan e Iturbe, che viene steso da Chiellini all’esterno dell’area bianconera. Dal calcio di punizione nasce la parabola che permette a Keita di colpire di testa e fare gol nonostante il tentativo di respinta da parte di Marchisio. Da questo momento in campo c’è solo la Roma, che in dieci costringe la Juve a difendersi. La crescita e la reazione dei giallorossi è indice di un’intermittenza psicologica, ma i 20 minuti finali non possono bastare. Il solo merito è di continuare a tenere aperta la strada alla rincorsa, improbabile quantunque non impossibile. I bianconeri, ancora una volta, mettono in campo spessore tecnico e qualità individuali e scelgono il momento giusto per detta la superioritàm dimostrandosi squadra rodata.

forbes