di Marco Cangelli
“Ciao Vittorio, salutami papà“: con queste semplici parole Norma Gimondi ha annunciato sul profilo Facebook la scomparsa di Vittorio Adorni, vincitore del Giro d’Italia 1965 e campione del mondo di ciclismo a Imola 1968.
Una colonna portante dello sport azzurro che si è spenta alla Vigilia di Natale a 85 anni dopo una vita passata in sella alla propria bicicletta con la quale ha conquistato numerosi successi, ma al tempo stesso ha fatto appassionare ed emozionare migliaia di italiani.
Professionista dal 1961 al 1970, il fuoriclasse parmense ha vissuto probabilmente i momenti più belli della sua carriera proprio a metà degli anni Sessanta quando, da capitano della Salvarani, si è aggiudicato la Corsa Rosa accompagnando la crescita di un giovane proveniente da Sedrina dal nome di Felice Gimondi.
Proprio in quell’edizione del Giro dominata dallo stesso Adorni con oltre 11’26” su Italo Zilioli, il campione emiliano vide l’esplosione del bergamasco che chiuse la competizione sul gradino più basso del podio preparandosi così al trionfo al Tour de France da neo-professionista.
Il rapporto fra Adorni e Gimondi rimase sempre particolarmente stretto nonostante il dualismo venutosi a creare all’interno della Salvarani che portò il corridore nativo di San Lazzaro Parmense a Salamini-Luxor TV nel 1967 prima di accasarsi l’anno successivo nella Faema di Eddy Merckx.
Un legame che si è rafforzato complice le diverse esperienze vissute con la Nazionale, ma anche l’esperienza vissuta da Vittorio sull’ammiraglia prima come direttore sportivo della Salvarani nel biennio 1971-72 e successivamente alla Bianchi nel 1973, annate importanti per Gimondi che culminarono con il titolo iridato a Barcellona.
Proprio al Mondiale è legata la memoria di Adorni che nel 1968 seppe compiere una delle imprese più belle della storia del ciclismo, una cavalcata di oltre novanta chilometri in solitaria lungo il traguardo dei Tre Monti che gli valse la vittoria con 9’50” di vantaggio sul belga Herman Van Springel e 10’18” sul bresciano Michele Dancelli.
Sempre cordiale ed elegante in ogni sua uscita, Adorni è stato l’eroe del pedale tricolore a lasciarci in finale di 2022 che, a distanza di poche settimane, ha vissuto sia la tragedia di Davide Rebellin che la scomparsa di Ercole Baldini come ricordato dal presidente della Federazione Ciclistica Italiana Cordiano Dagnoni.
“Con Vittorio Adorni c’era un rapporto di lunghissimo corso. Lo ricordo come un gentleman ancor prima che un campione in grado di vincere Giro d’Italia del 1965 e quell’indimenticabile Campionato Mondiale del 1968, in casa ad Imola, con un’azione incredibile e da lontano a 90 chilometri dal traguardo – ha raccontato il dirigente lombardo -. Al termine della sua carriera agonistica ha sempre ricoperto ruoli importanti, nel mondo del ciclismo e non solo, come quello di presidente del Panathlon Internazionale dal 1996 al 2004. Ricordo con piacere anche le sue telecronache, sempre misurate e competenti. Inoltre, era un grande amico di mio padre Mario con cui disputò alcune Sei Giorni dietro Derny. È stato anche uno tra i primi a complimentarsi con me, dopo la mia elezione. Lo ricordiamo tutti con affetto“.