Da bambino già seguiva le gesta di Coppi e da lì è nato il suo amore per il ciclismo. Che non ha mai più abbandonato. Anzi, ne ha fatto diventare il suo lavoro. Ildo Serantoni, giornalista sportivo, oggi ha 84 anni e vive di ciclismo. Intanto c’è da dire che macina ancora un sacco di chilometri in bicicletta. Quest’anno siamo già arrivati a 2.200, ma che nel bel mezzo del cammin di sua vita in un anno ne ha pestati qualcosa come 14 mila.
Oltre a essere stato inviato per la Gazzetta dello Sport a seguire le gesta del Giro d’Italia, Tour de France e quant’altro, Ildo è dotato di una memoria enciclopedica e ascoltarlo raccontare gli aneddoti sul mondo del ciclismo che fu e la competenza sul ciclismo odierno è sempre un piacevole incontro. Come quello di ieri sera alla Biblioteca dello Sport Marabini di Seriate, dove, ospitato da Paolo Marabini ha presentato la sua ultima fatica editoriale: “Le storie del Giro”, edito per i tipi della Bolis Edizioni. In sala oltre ad amici e giornalisti c’era anche qualcuno che è stato protagonista dei racconti citati nel libro, come Flavio Giupponi, Claudio Corti e Gianluigi Stanga.
E cosa c’è di meglio alla vigilia di un nuovo Giro d’Italia, che partirà il 4 maggio, se non riunirsi attorno al caminetto domestico e raccontare di quelle cose che hanno reso celebre la corsa della maglia rosa, la più popolare mai esistita in Italia, che ha appassionato un popolo, soprattutto negli anni dal dopoguerra fino ad almeno tutti gli anni Settanta, poi un po’ scalzato nell’indice di gradimento da parte del calcio e in seconda battuta anche dalla Formula Uno.
Per Ildo il ciclismo è sport, mentre tutti gli altri sono giochi. Giochi con la palla… il gioco del calcio, il gioco della pallavolo, il gioco del basket… ma il ciclismo no. “Quello è uno sport. Ed è uno sport popolare. Ed è proprio questa passione che mi ha portato a scrivere il libro anche per permettere, in un momento in cui il ciclismo è un po’ sottotono, di riportarlo in auge alla vigilia del Giro d’Italia”.
Il libro si compone di quei fatti che gli studi sugli annuari e la memoria del cronista ha ritenuto essere l’essenza del Giro d’Italia. La lunga storia del Giro, nato nel 1909, è un caleidoscopio di emozioni e di situazioni. Il ricordo della lunga interruzione di Giro e Tour per via della guerra. Cinque Giri d’Italia e sette Tour de France non vennero disputati in un momento in cui Gino Bartali e Fausto Coppi stavano facendo sfracelli di vittorie. “Cosa sarebbe stato il loro albo d’oro con quei dodici giri in più?” si chiede Ildo.
E poi giù a ricordare l’alleanza tra Coppi e Magni sulla via di San Pellegrino nel 1948 per sottrarre il Giro a Nencini; o la più grande impresa mai realizzata da un uomo su una bicicletta (la Cuneo-Pinerolo di Fausto Coppi nel 1949); la incredibile nevicata invernale del Bondone (1956) al trionfo, sempre sotto la neve, di Merckx alle Tre Cime di Lavaredo nel 1968. E c’è anche qualche curiosità, come l’invito a Binda a rimanersene a casa nel 1930, lautamente pagato (22.000 lire una cifra oggi spropositata), per non togliere interesse alla corsa dall’alto della sua superiorità. Racconti fino alla drammatica estromissione di Pantani nel 1999. E tanti aneddoti che Ildo ha snocciolato con maestria creando quella voglia di andarseli a leggere tutti.
Da tifoso Ildo ha sempre avuto due comete come riferimento del mondo del ciclismo: Fausto Coppi e Felice Gimondi. Se ne dovesse aggiungere una terza quella sarebbe sicuramente Bugno. Poi il ricordo degli eredi di Gimondi in terra bergamasca come Gotti e Savoldelli capaci di vincere due Giri d’Italia. E tante altre storie tutte da gustare nelle 150 pagine del libro.