Vincenzo Nibali onora come meglio non potrebbe la maglia rosa con il secondo arrivo trionfale in salita nella penultima e decisiva tappa del 96esimo Giro d’Italia. Lo squalo siciliano si arrampica sulle Tre Cime di Lavaredo, terreno di conquista solo per ciclisti con la stoffa, di quelli che lasciano il segno. E Nibali lo ha lasciato eccome, resistendo allo sforzo e alla neve gelida, come accade solo nei momenti leggendari della corsa. Nibali si lascia alle spalle i colombiani Duarte, Uran Uran e Betancur che tagliano il traguardo con un ritardo di 17 secondi che sembra un tempo abissale. La maglia rosa parte sull’ultima salita, a 3 km dall’arrivo, e fa il vuoto. Evans perde un minuto e mezzo il secondo posto del podio.
Gli appassionati, indomiti, decidono che i corridori non possono essere lasciati soli e sfidano il freddo e il pericolo slavine lungo la strada che porta a Misurina, salutando la marcia trionfale del dominatore del Giro. All’arrivo si gira e bacia la fede al dito, un pensiero rivolto alla moglie Rachele prima di tagliare il traguardo. Sui 2304 metri d’altitudine delle Tre Cime di Lavaredo, Nibali conquista anche la maglia rossa della classifica a punti. Sull’ultima asperità bene gli italiani: Fabio Aru chiude in quinta posizione a 44″ da Nibali, alle sue spalle si piazzano Pellizzotti, Pozzovivo e Damiano Caruso. Scarponi chiude in dodicesima posizione (a 1’14” da Nibali), restando al quarto posto della Generale. La grandezza di Vincenzo Nibali è scritta nel confronto che La Gazzetta dello Sport propone sui tempi di scalata rispetto a quanto fatto registrare in passato. Sullo stesso percorso nel 2007 Di Luca impiegò 15’30″ negli ultimi quattro chilometri. Nibali li ha coperti in 18 minuti netti. Un ciclismo vero e umano con il passo da squalo.