La vasca olimpica può essere il luogo adatto in cui affondare inesorabilmente o, a dispetto delle attese, trasformarsi in un siluro per cambiare in una manciata di minuti la prospettiva del nuoto. Michael Phelps, lo squalo australiano, guadagna la medaglia di legno nei 400 misti dopo essere entrato per il rotto della cuffia in finale. La nuova leggenda si chiama Ryan Lochte, uno che ai mondiali di Shanghai 2011 aveva già battuto il mito e ha trovato la definitiva consacrazione a Londra dopo aver chiuso al terzo posto a Pechino 2008. Ai Giochi Olimpici Lochte vanta un bottino di 4 ori, un argento e due bronzi, dunque non è l’ultimo arrivato, solo che nella impegnativa specialità dei 400 misti bisogna essere completi e al massimo della forma. Phelps aveva già dato segnali di desistenza e Lochte ne raccoglie con pieno merito l’eredità facendo la differenza già nella frazione a farfalla. Lochte ha chiuso in 4’05″18, seconda prestazione mondiale di sempre, non lontano dal record di Phelps (4’03″84) ottenuto con il body. L’australiano è arrivato quarto a oltre 4 secondi: un abisso. Per la cronaca, Luca Marin ha onorato la sua presenza in finale classificandosi ottavo.
Nella stessa gara dei 400 misti al femminile, giudici e pubblico avranno strabuzzato gli occhi quando la 16enne cinese Ye Shiwen ha fermato il cronometro sul tempo di 4’28″43, un secondo e due decimi meglio di quanto abbia fatto nel 2008 a Pechino l’australiana Rice indossando il body. La notizia è che la cinesina ha nuotato gli ultimi 50 metri a stile libero più velocemente di quanto abbia fatto Lochte (28″93 contro 29″10!).