Lara Magoni si prende una sera di pausa e si racconta come si fa, tra amici, davanti al caminetto. La serata è stata organizzata da Paolo Marabini nella sua biblioteca dello sport di Seriate (metaforicamente il caminetto). E di amici ce n’erano: Michele Cadei, Luca Messi, Onya Tapia, Renato Pasini e il fedelissimo Enrico Negretti.
È la sera della Lara Magoni sciatrice. Il 12 dicembre è data scelta per una ragione precisa perché ricorda il 12 dicembre 1999, quando Lara disputò la sua ultima gara in carriera al Sestriere: uno slalom speciale di Coppa del Mondo chiuso al 27° posto.
“Ma non tutti sanno – rivela Magoni – che ho deciso di ritirarmi perché mi ero rotta un ginocchio e non volevo passare di nuovo nel tritacarne dei commenti. Volevo, invece, uscire dal mondo dello sci ed essere ricordata come atleta vincente”. Rinunciando anche a un vantaggioso contratto pubblicitario.
La carriera di Lara Magoni è costellata da numerosi infortuni. È passata sotto i ferri otto volte. Tre volte ha lamentato la rottura del tendine d’Achille e il resto sono fratture, la prima fu alla tibia.
Ma come ci si rialza da così tanta sfortuna? Lei si dà una motivazione emozionale. “La famiglia. Devi avere una famiglia che ti sostenga e un allenatore che continui a credere in te. Poi ce la si fa con tanta determinazione e volontà”. Un esempio da seguire per tutti quegli atleti che subiscono infortuni seri nei momenti topici delle loro carriere.
Lara Magoni ha incontrato un allenatore che le ha cambiato la vita: Toni Morandi, da Schilpario (venuto meno 22 anni fa). Fu lui a dirle: “Tu hai paura di vincere”. Dopo un confronto a quattr’occhi capì che Morandi era la strada giusta da seguire.
Fin lì la strada del successo per la Magoni era sbarrata dalla compagna di Nazionale Deborah Compagnoni di un anno più giovane. La più vincente delle sciatrici italiane che vanta il record personale di aver vinto tre ori in tre olimpiadi diverse.
Con la Compagnoni si sviluppò una sana rivalità e Magoni entrò nell’ordine delle idee per quindici anni (non uno solo) che davanti aveva un elemento insuperabile, ma trovò lo spazio per i suoi successi e ha partecipato anche lei a tre Olimpiadi. La stagione magica è quella del 1996-97 quando ottiene tre podi in Coppa del Mondo nello slalom speciale. Il podio più importante, quello che vale l’impegno di tutta la vita sportiva, è la medaglia d’argento (dietro a Compagnoni neanche a dirlo) ai Mondiali di Sestriere.
All’inizio la sciatrice di Selvino era dedita alle gare di velocità: discesa libera e superG. Poi gli innumerevoli infortuni l’hanno costretta a virare sugli slalom. I risultati vincenti li ha ottenuti nello slalom speciale.
Papà Marcellino (maestro di sci) già nel 1972 intuì e fu il primo a installare una pista di plastica fuori dal suo albergo. Su quelle piste Magoni allenò la sensibilità particolare per la sua sciata vincente.
La gara che Lara ricorda come quella di maggior valore è lo slalom di Maribor nel ‘97: “Partii con il pettorale n. 70 e arrivai seconda. Provai grande felicità, perché avevo 27 anni. Avevo cominciato a sciare a 7 anni ed erano vent’anni che aspettavo quel momento, nonostante tutti gli infortuni patiti. Vent’anni di passione, impegno e sofferenza. E l’immagine di mia mamma che in mondovisione disse Sono orgogliosa di mia figlia mi commuove ancora oggi”.
Nell’album dei ricordi Lara Magoni cita un po’ di personaggi. Tra questi Fausto Radici. “Ero bambina – racconta – e sul Monte Poieto si organizzò una gara di Coppa Italia. Mio padre riuscì a farmi fare l’apripista. Quella gara la vinse Fausto Radici. Dopo aver detto a mio padre: Scia bene questa ragazza, mi regalò il suo cappello. Volevo diventare anch’io una campionessa di sci come Fausto Radici”.
Un pensiero va anche ad Alberto Tomba, ricordato per la sua umanità: “Alberto era presente quando ho perso i miei cari. Era ai funerali quando sono venuti meno i miei cari”. Oltre ai genitori Lara ha perso anche il marito.
Non è possibile scindere Lara Magoni dal suo ruolo attuale di sottosegretario alla Regione Lombardia con delega allo sport e ai giovani. E conclude la serata con un augurio: “Lo sport per i giovani deve essere un diritto. Lo sportivo vincente è quello che dimostra umanità. E si vince quando nello sport, come nella vita, si fanno battere tanti cuori”.