Davis CUP, il nuovo che avanza

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coppa-davis_jpg_630Si conclude il week end dedicato alla più importante manifestazione tennistica a squadre, la Coppa Davis “compie” 102 anni e forse mai come in questa edizione si regala un finale a sorpresa, con le 4 nazioni rimaste a contendersi la gloriosa insalatiera, certo difficilmente pronosticabili solo qualche anno fa. In rigoroso ordine alfabetico, avanzano Argentina, Canada, Repubblica Ceca e Serbia. Le ultime due sono frutto del nuovo Est che cresce, nate dalla disgregazione di nazioni più importanti anche a livello di tradizione. Non a caso negli ultimi anni, sono riuscite ad alzare il trofeo con merito, trascinate dai loro “nuovi” campioni e giocatori più rappresentativi. Djokovic, Berdych, Tipsarevic, Stepanek (anche se di un’altra generazione) hanno lanciato un movimento che ora riesce ad esprimersi alla grande, non solo nei tornei ATP, ma anche se non soprattutto quando sulla maglia, lo sponsor tecnico assume i colori della bandiera nazionale. Quasi impossibile, uscire indenni dai loro “campi” di casa, dove il pubblico è certamente un fattore determinante. Se parliamo di pubblico, può dire la propria anche la magica atmosfera delle tribune biancoazzurre, come testimonia il successo ai danni dei favoriti transalpini, caduti sotto i colpi di Juan Monaco, Carlos Berlocq e dei loro impareggiabili supporters. Mancava Juan Martin DelPotro, ma chi se ne è accorto? Chiedere a Gilles Simon, spazzato via nell’ultimo e decisivo singolare, nonostante le 50 e passa posizioni di vantaggio nel ranking mondiale. Fanno rumore soprattutto le assenze di due superpotenze, come Stati Uniti e Spagna a fronte di una sorprendente semifinalista come il Canada, capace purtroppo di togliere la “scarpetta” di Cenerentola all’Italia di capitan Barazzutti. Per i tennisti “stars&stripes” il motivo è da cogliere in una profonda involuzione del sistema, incapace di produrre veri campione dalla “dipartita” agonistica del duo Sampras-Agassi. Il solo Roddick, pareva avere modo di raccogliere il testimone dalle due leggende degli anni ’90, ma piano piano anche lui si è dovuto arrendere ad una pressione e ad una aspettativa superiori alle reali qualità del pur volenteroso Andy. La Spagna “paga” certamente la defezione del pupillo Nadal e dello scudiero Ferrer, costretta dal sorteggio a giocare sul veloce di Vancouver con una formazione paragonabile ad una “primavera” schierata nel campionato di calcio di serie A (Granollers-Ramos).

E ora?cosa ci aspetta? Di sicuro la geografia dei “poteri tennistici” sta’cambiando, mutando forse in maniera definitiva, con “nuovi” paesi che si affacciano alla ribalta e “vecchie glorie” destinate ad un rapido viale del tramonto.
Tanto per citare qualche esempio attuale, come giustificare l’exploit del Kazakhstan, giunto a giocarsi il quarto di finale con gli attuali detentori del trofeo (Rep.Ceca) senza avere un singolo giocatore entro i primi 100 del mondo?

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E cosa succederà a squadre come Croazia, Germania o Australia, costrette a giocarsi la permanenza nel gruppo Mondiale contro avversarie tutt’altro che comode (Gran Bretagna, Brasile, Polonia)?

In mezzo a tutto questo rimescolamento di “carte”, resta in piedi anche l’ipotesi (certamente ottimistica) di un consolidamento dell’Italia a livello di primo gruppo, dopo tanti (troppi) anni passati nel purgatorio dei sottogruppi zonali. Andreas Seppi e Fabio Fognini, per età, classe e talento sembrano garantire al nostro Capitano una coppia di singolaristi valida ad ogni “latitudine”, con la variabile impazzita di formazioni di doppio, equivalenti e certamente competitive ad alto livello. Basti pensare che molto probabilmente la semifinale 2013 è stata mancata per un paio di punti decisivi nel doppio contro il Canada. Con i “se”e con i “ma” non si scrive la storia, ma se si fosse giocato il singolare decisivo, probabilmente il tricolore avrebbe fatto sentire ancora la propria voce e forte.

( commento di Luca Polesinanti )