Mentre sta per tramontare il sole sull’edizione 2014, ancora una volta i numeri degli spettatori in crescita danno ragione agli organizzatori che a Melbourne continuano a fare incetta di riconoscimenti. Anche in questa stagione nonostante condizioni climatiche spesso proibitive si sono visti match appassionanti e soprattutto non sono mancate le grandi sorprese, forse come mai negli ultimi tornei dello Slam.
In campo femminile se era “possibile” pronosticare la cinese Li Na in finale (dopo le due apparizioni con amari risultati nel 2011 e nel 2013, Clijsters e Azarenka le trionfatrici), alzi la mano chi avrebbe scommesso un euro sul nome della seconda finlista: la slovacca Dominika Cibulkova. La numero 24 del mondo doma senza problemi la polacca Radwanska nella seconda semifinale Slam in carriera e conquista così la sua prima finale. Incredibile soprattutto che in sequenza abbiano abbandonato la corsa al trofeo, Serena Williams, Maria Sharapova e Victoria Azarenka, nomi certo più papabili associati alla vittoria finale. Serena ha fatto flop, come ogni tanto le capita pagando più che la giornata di vena della Ivanovic, una condizione fisica lontana dalla brillantezza del 2013 e se i primi turni avevano “mascherato” il problema rivelandosi in pratica degli allenamenti, al primo vero test la magagna è apparsa in maniera eclatante.
Così ecco farsi largo la piccola Dominika che invece appare in forma smagliante, visto anche il 6/1 6/2 rifilato in 70 minuti ad una irriconoscibile Radwanska, spremuta dal successo su Victoria Azarenka ed incapace di proporre il proprio tennis vario ed efficace. Senza problemi anche Li Na, che regola la Bouchard 6/2 6/4 impiegando 86 minuti per eliminare la beniamina del pubblico Aussie. Certo i pronostici per l’ultimo atto non possono che pendere dalla parte della cinese (avanti 4-0 nei precedenti), ma il “ricordo” delle due finali perse potrebbe pesare nella mente di una altleta straordinaria quando è in giornata, ma malleabile quando non lo è. Entrambe emanano in questo momento un’aura di invincibilità e sembrano giocare in modo differente da tutte le altre, di sicuro al prossimo incontro, per una delle due, questo stato di grazia dovrà inevitabilmente terminare.
Semifinale maschile, come invece tutti sognavano ma pochi speravano. L’ennesima sfida fra Rafa e Roger, la 33a, di certo una delle più “inaspettate” perchè molti esperti avevano dipinto come terribile il cammino proposto dal tabellone a Nadal, che poi si è trovato invece a fare i conti con una forma lontana dall’apice piuttosto che con avversari piuttosto arrendevoli. D’altra parte anche per Roger i dubbi non erano pochi, iniziato l’anno con la sconfitta a Brisbane contro un non irresistibile Leyton Hewitt, il cammino pareva decisamente in salita. Tsonga e Murray ostacoli insormontabili ed invece il vecchio Re si ritrova per la 11a volta consecutiva in semifinale agli Australian Open proprio dopo aver battuto in 4 set (6/3 6/4 6/7 6/3) lo scozzese. Una partita non bella, con Roger che domina i primi 2 parziali con il contributo di un Murray apatico e limitato da un dolore alla schiena. Nel terzo parziale, come spesso gli capita, Andy si “barrica” sulla linea di fondo e gioca un tennis percentuale attendendo l’errore dell’avversario, che alla fine arriva e così nonostante un turno di servizio sul 5/4 e due match-points sprecati nel tie-break successivo, lo svizzero si ritrova a dover “rivincere” una partita già finita.
Non sappiamo se attribuire tutti i meriti al contributo di Stefan Edberg, certo è che pochi mesi fa, Federer si sarebbe davvero trovato in una situazione complicata ed invece il quarto parziale riparte come i primi due, con Roger alla carica ed impressionante al servizio (2 sole palle break concesse, di cui una trasformata dal proprio avversario). Il secondo interminabile game regala ben 6 palle break tutte annullate e nonostante questo ennesimo fallimento, la macchina rossocrociata, non si ferma giungendo al meritato break nell’ottavo gioco per poi chiudere 6/3 fra le braccia levate al cielo di tutto il proprio “angolo”. Ora il prossimo test sarà davvero fondamentale per capire se il “nuovo Re” è davvero forte come il “vecchio”. Potrebbe essere una mano a decidere la sifda, e non una di poker fra amici, ma bensì la sinistra (quella fondamentale) di Rafa, massacrata dalle vesciche alla fine dell’incontro con Dimitrov (3/6 7/6 7/6 6/2 in 3 ore e 37 minuti). Un problema non di poco conto, di cui purtroppo lo spagnolo dovrà pagare un prezzo speriamo non troppo alto ai fini dello spettacolo.
In finale li attende Stan Wawrinka alla prima in carriera, dopo aver superato Tomas Berdych (6/3 6/7 7/6 7/6). La speranza sarà certamente quella di un derby, visto anche i poco lusinghieri precedenti con lo spagnolo. Una finale con un vecchio amico, cosa volere di più da un torneo Slam?
(commento di Luca Polesinanti)