Djokovic-Federer doveva essere e Djokovic-Federer sarà, ma che fatica! I due campionissimi centrano la semifinale con due prestazioni incredibili, con un filo conduttore unico, la voglia di vincere e la grande forza mentale che si deve avere a questi livelli, per ottenere risultati. Non basta giocare bene e molto, anzi, la differenza la si fa proprio nei momenti in cui la qualità del proprio tennis inevitabilmente cala e quando si resta per 4 ore su un campo in terra rossa, sicuramente questi momenti arriveranno. Nel martedì grigio del Roland Garros, parte praticamente in contemporanea lo slalom “parallelo” alla caccia della semifinale. Difficile scegliere, per i tifosi neutrali, mentre i fans transalpini non hanno dubbi, tutti sul Centrale a gridare “alè Tsonga!”. L’inizio non è certo dei più promettenti anzi, il colored paga il tributo all’emozione del debuttante ai quarti giocando o meglio non giocando per 40 minuti circa, nei quali il serbo sale 6/1 3/1. Il pubblico rumoreggia, certo ci si aspettavano delle difficoltà ma questo supera ogni limite. Jo Wilfred ci mette tutta la buona volontà, ritrova piano piano servizio, ma soprattutto dritto dal fondo, con cui accelera, si apre il campo e chiude a rete. Nole comincia a balbettare, deve salire di livello e fatica a trovare continuità, così nei meandri dei suoi errori si insinua il francese che lo controbrekka e trova il jolly sul 5/5. Nuovo break e situazione di parità (7/5). Il pubblico ora c’è eccome, ogni punto è accolto con una ovazione e lo stadio ribolle. La partita diventa anche bella tecnicamente, angoli impossibili, righe pulite ad ogni scambio, lotta su ogni palla. Di nuovo 5/5 e di nuovo break decisivo per il transalpino. Ora siamo 2 set a 1 ed il numero 1 al mondo ha appena giocato una maratona di cinque set con Seppi. Tanti indizi per una sorpresa davvero clamorosa, cha pare davvero ad un passo, anzi ad un 15 quando sul 5/4 Tsonga nel quarto set, si arriva 15-40. Nole mette il pilota automatico, mette in campo quattro prime pesanti, gioca profondo e si arrampica nuovamente sul 5/5. Ancora avanti 6/5 il francese e ancora una volta due “balle de match” anche se non consecutive. Sulla prima il braccio di Tsonga trema quel minimo che basta a fare morire sul nastro un comodo dritto, sul secondo invece quello di Djokovic non trema su un comodo smash. Questa volta il break è scongiurato e si arriva al tie-break. Subito avanti 2-0 Nole, poi 2-4 e poi ancora 6-4 con parziali a favore e contro. Primo set point sufficiente per mandare tutti al quinto (7-4 il tie-break). Ora le quote dei book makers cambiano decisamente così come cambia la faccia di Tsonga, incapace di ritrovare la forza sufficiente a controbattere i colpi del serbo. Subito break, 2/0 e in un attimo è tutto finito: 6/1. L’orologio segna 4 ore e 9 minuti, Djokovic allarga le braccia, impugnando la racchetta, urla di rabbia e gioia come un antico gladiatore al termine di una cruenta battaglia. Battaglia in cui è stato ancora una volta lui a rimanere in piedi alla fine.
Resta in piedi eccome anche Roger Federer, che zitto zitto si guadagna la semifinale nel torneo dello Slam che meno preferisce, ma che probabilmente più desidera. La sfida con Juan Martin Del Potro riporta alla luce oscuri ricordi di una finale Us Open e la forma tennistica dell’argentino ( che nel turno precedente ha spazzato via Berdych, uno dei favoriti) non lascia presagire nulla di buono. Re Roger è sempre partito con il freno a mano tirato in questo torneo, ma contro i primi avversari i danni sono stati relativi, mentre oggi servendo al 40% scarso di prime palle, dopo 30 minuti circa è già sotto 6/3 senza quasi rendersene conto. La tattica di Del Potro è chiarissima ed elementare, giocare alla morte sul rovescio di Federer aspettando l’errore o la palla per sfondare con il proprio dritto. Tattica efficacissima anche nel secondo parziale, dove sotto di un break, riesce a riagganciare lo svizzero e portarlo al tie-break dove lo doma 7-4. Strano a dirsi ma Federer urla, nervoso, sente di non riuscire a giocare il tennis che gli piace e questo lo infastidisce parecchio. Per sua fortuna il tennis moderno ha una componente atletica preponderante e se non sei al 100% della condizione soffri tremendamente. Così il “povero” gaucho si trova a dover fare i conti con un ginocchio malandato che lo “consiglia” a mollare di colpo i seguenti parziali una volta sotto nel punteggio (6/2 6/0). La nota dolente (oltre al ginocchio) arriva però proprio dall’elvetico che sfrutta questi due set “regalati” per rientrare in fiducia e partire forte anche nel quinto. Del Potro ci prova ma subito il break sul 2/1, non trova più la forza e le occasioni per rientrare. 3 ore e 15 minuti per regalare agli appassionati un’altra (speriamo) splendida partita fra due autentici “miracolati” (tennisticamente parlando). La preoccupazione è quella di ritrovarsi poi domenica con un finalista spremuto contro un probabilissimo Nadal “quasi “riposato visto gli avversari ed gli incontri finora propostigli. Grandi meriti allo spagnolo, sicuramente ad oggi ingiocabile, ma anche un piccolo aiuto da parte di un tabellone, forse mai come quest’anno fedele alleato.
( commento di Luca Polesinanti )