Rafa&Serena, gli “intoccabili”

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Was7892737Nessuna sorpresa, tutto è andato come doveva andare, ma le finali sono decisamente state all’altezza, uno spettacolo degno del confronto fra i migliori giocatori/giocatrici del mondo. Entrambe le sfide hanno visto confrontarsi testa di serie numero 1 e numero 2, con la sola differenza che nel tabellone maschile, per momento di forma attuale era proprio il numero 2 del seeding il grande favorito. Pronostico rispettato, grandissimo livello, colpi fantastici e trofei sollevati con grande merito. La cronaca: finale femminile che parte con l’incognita del vento, che spazza l’arena con folate che costringono ad autentici equilibrismi le contendenti, soprattutto nel lancio di palla per il servizio. I numerosi doppi falli, testimoniano quanto al limite fossero le condizioni. Primo set in grande equilibrio, fino a quando Serena non mette il turbo e infila una serie di vincenti assolutamente ingiocabili anche per una super atleta come la Azarenka. 7/5 il finale e fuga abbozzata anche nel secondo parziale. Sul 4/1 sembra quasi tutto pronto per il tappetto rosso e la premiazione, la bielorussa non ci sta, si aggrappa con le unghie al match, sfodera una remuntada favolosa, conquista il tie-break e fa valere il proprio bilancio in stagione (un solo tie-break perso). Così si arriva, come l’anno scorso, al terzo set. 1 pari con equilibrio che pare perdurare, ma dietro l’angolo arriva inspettato il crollo di Victoria che si sgretola davanti ad una Williams davvero granitica e con le sue stesse parole “mai così in forma”. Si chiude con il record di durata (2ore e 45minuti), 7/5 6/7 6/1, con l’aggancio a Federer (17 tornei Slam conquistati) e il quinto successo negli States per l’assoluta dominatrice del tennis in gonnella.

A proposito di dominatori, ecco servita la sfida fra i due top players del circuito ATP. La stagione 2013 è stata sinceramente quasi irripetibile per il maiorchino, resuscitato “sportivamente” dopo 7 mesi di stop forzato a causa di un ginocchio malconcio, che ora è più che mai un lontanissimo ricordo. 37esima sfida con l’amico rivale Nole Djokovic (21-15 pro Nadal), e 13esimo successo nello Slam a portata di racchetta, con la striscia di successi sul cemento USA ancora aperta. C’è ancora vento a New York, vento che rinfresca le superstars presenti sulle tribune (fra gli altri Sean Connery, Jessica Alba, Leonardo DiCaprio) ma che mina gli automatismi dei campioni sul campo. Soprattutto il serbo pare davvero indispettito dalle folate che lo costringono ad errori inusuali, specie con il dritto che va fuori giri in fase di accelerazione. Il primo set vola via in soli 42 minuti, 6/2 Rafa e dominio netto. Svolta nel secondo parziale, quando la qualità tennistica si alza tantissimo ed uno scambio da “leggenda” chiusosi al 54esimo colpo provoca la naturale standing ovation di un pubblico in visibilio. Proprio da questo punto perso Rafa, trova incredibile energia per contrastare il veemente rientro del numero 1 del mondo. Nonostante il punteggio sfavorevole (3/6), lo spagnolo appare sempre al comando delle operazioni, mentalmente dominante su un avversario che comincia ad autoaffligersi con pesanti soliloqui. Chi tifa Nole ha comunque un sussulto, perchè sul 4 pari del terzo parziale, il proprio idolo si trova 0-40 sul servizio Nadal, sembra davvero fatta, ma il “diavolo” riemerge dagli inferi con 3 vincenti, fra cui l’unico ace del match sul 30-40. Il tennis è un gioco mentale più di tanti altri ed allora dal nono gioco in poi il parziale a favore di Nadal diventa quasi imbarazzante: 7 giochi a 1, che significa 6/2 3/6 6/4 6/1 e trionfo finale. Alcuni numeri esemplificano bene le differenze al termine delle oltre 3 ore di lotta: 65% di punti con la prima palla per Rafa, 20 soli errori gratuiti contro 53 del serbo, 7/12 la percentuale delle palle break trasformate contro un misero 3/11 ed uno scintillante 17/23 nei punti ottenuti da discese a rete. L’ennesima testimonianza di un campione moderno, ancora in grado di crescere, migliorare ed ampliare il proprio già enorme bagaglio tecnico. Ecco perchè i 17 titoli Slam di Roger e Serena non sono un miraggio.

forbes

(commento di Luca Polesinanti)