Wimbledon, poker sul tavolo rosa

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rad_2602018bEccole, alla fine sono arrivate le quattro reginette, che si contenderanno il titolo 2013, mai così incerto e mai con così tante sorprese. Forse anche per questo i bookmakers inglesi stentano a definire una chiara favorita, visto quanto accaduto finora. A rigor di classifica, la favorita numero 1 dovrebbe essere Agnieszka Radwanska, che reduce dalla finale dello scorso anno, riesce ad approdare alla semifinale sconfiggendo dopo 2ore e 43 minuti la cinese Na Li. Match intenso, equilibrato, segnato anche da una classica interruzione per pioggia e ripreso in versione “indoor” per concludere il terzo e decisivo set. E’ proprio nell’ultimo parziale che la polacca fa la differenza, volando avanti 5-1 e chiudendo 6/2 all’ottavo match point. Di fronte si troverà la lanciatissima Sabine Lisicki, che non si siede sugli allori dopo l’impresa contro Serena Williams e schianta in poco più di un’ora l’estone Kaia Kanepi (6/3 6/3). La tedesca, numero 24 del mondo, ha ora la possibilità di centrare davvero la finale, visto che con il suo gioco potente potrebbe creare non pochi problemi alla Radwanska, grande tattica e giocatrice intelligente, ma molto “leggera”. Nella parte bassa del tabellone, una semifinale sicuramente non pronosticata con la francese Marion Bartoli e la belga Kirsten Flipkens a giocarsi una occasione ghiottissima. Se la prima ha già vissuto l’esperienza di approdare all’ultimo incontro del torneo, per la seconda è davvero una opportunità più unica che rara, visto la contemporanea assenza di tutte le top-players. Dopo aver superato la nostra Flavia Pennetta, riesce a fare valere il proprio gioco fatto di grandi accelerazioni di diritto e ottimi cambi di ritmo con il rovescio tagliato, mandando in confusione l’ex campionessa Petra Kvitova, costretta alla resa 4/6 6/3 6/4. Si ferma ai quarti la corsa della nuova grande speranza USA, Stephens, superata 6/4 7/5 dalla Bartoli, che dopo aver spento il sogno delle azzurre Giorgi e Knapp, ora vuole continuare ad alimentare il proprio. E non pare così azzardato.

( commento di Luca Polesinanti )

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