Un insulto a labbra socchiuse può ferire più di una lama. Se poi il destinatario è Mario Balotelli, si intuisce come possa fare notizia e sollevare interrogativi su quanto avviene in campo tra avversari. Per portare rispetto non c’è bisogno che l’altro sia simpatico. Il duello sportivo, quantunque maschio, deve rispondere a principi etici basilari. E’ superfluo scandalizzarsi, come pure pericoloso fare passare inosservato l’episodio. Il labiale non dice molto, ma il presunto insulto razzista pronunciato dal catanese Spolli nei confronti di Balotelli ha scatenato la reazione di quest’ultimo che deve sentirne davvero di tutti i colori. Ora non si pretende un comportamento certosino, ma di certo i tesserati del calcio farebbero bene a guardarsi dentro. I limiti della decenza sono superati da un pezzo. Discutere è un conto, insultare associando il colore della pelle allo sterco decisamente non è sopportabile, non solo dall’interessato ma dalla società civile tutta che, a ogni turno di campionato, paga già un profumato pegno in termini di costi della sicurezza pubblica fuori e dentro lo stadio. Il decalogo del fairplay imposto dalla Uefa promette di decimare le curve facinorose e offensive. Così la Juventus, visti colpiti i suoi tifosi colpevoli di cori irriguardosi, ha pensato di ospitare nel settore estremo i giovanissimi per impartire una lezione di bon ton. E così il primo dicembre, in apertura del calendario dell’Avvento natalizio, i promettenti bimbi e ragazzini non hanno trovato di meglio che fare il verso ai grandi. In 12mila, tutti o in parte poco importa, hanno dato vita alla mutua stupidità, ululando ad ogni rinvio del portiere dell’Udinese con chiaro riferimento alla classica deiezione. Il tutto è stato battezzato come un peccato veniale. Se la caveranno con qualche Pater Noster e Ave Maria quando lo racconteranno al sacerdote prima di scendere in campo all’oratorio. Ma attenzione al seguito. Si diventa grandi in fretta. Le stagioni passano velocemente e il tempo per educare scarseggia.