Il Rifugio Luigi Albani, un passaggio nella storia dell’alpinismo all’ombra delle “Dolomiti Orobiche”

Primo appuntamento di "A Passo Lento", la nuova rubrica dedicata al mondo del trekking che fa tappa sulle vette di Colere.

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Visitare le Dolomiti è un’esperienza che chiunque dovrebbe provare almeno una volta nella vita.

Per farlo è necessario spostarsi di parecchi chilometri e prendersi necessariamente qualche giorno di pausa per raggiungerle.

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In pochi sanno però che non serve andare così lontano per apprezzare uno spettacolo di questo tipo, basta raggiungere l’area del Rifugio “Luigi Albani” e osservare da vicino la parete settentrionale del Pizzo della Presolana.

Posto a 1969 metri d’altitudine, la struttura consente appassionati di trekking e arrampicata di scrutare la bellezza delle pareti di dolomia compongono la “Regina delle Orobie” e che d’inverno vengono punteggiate di neve, d’estate si illuminano di rosa grazie ai raggi del sole che battono sulle vette al tramonto.

Questo spettacolo ha attirò nel 1912 anche alcuni soci che decisero di rilevare dalla società mineraria “Vielle Montagne” due baite per minatori poste nella zona del laghetto del Polzone.

Dopo averle sistemate e arredate, decisero di metterle a disposizione degli alpinisti chiamandole “Trento” e “Trieste” prima di donarle nel 1924 al CAI di Bergamo che il 7 settembre lo inaugurò come rifugio dedicandolo a Luigi Albani, celebre alpinista e primo uomo a scalare la parete Nord della Presolana.

Tre anni dopo la capanna venne distrutta da un’esplosione di dinamite per venire subito ristrutturata e in seguito dotata di cassetta del pronto soccorso, corde, chiodi e materiali necessari per salire sino alla cima della Presolana.

Con il passare degli anni e la Seconda Guerra Mondiale, il Rifugio Albani subì un lento degrado che portò alla decisione di dare vita nel settembre 1965 alla costruzione di un nuovo edificio a circa 200 metri di distanza di quello precedente e inaugurarlo il 3 settembre 1967 alla presenza di oltre 500 invitati tra scalatori e pionieri dell’alpinismo.

Per raggiungere questo passaggio nella storia è necessario partire dalla località Carbonera (1043 metri) e affrontare un tracciato di poco più di due ore caratterizzato da quasi quattro chilometri di percorrenza e 900 metri di dislivello positivo da superare.

Partendo dall’ampio parcheggio adiacente agli impianti di risalita di Colere (dove in inverno è possibile affittare eventualmente ciaspole e ramponi), si intraprende una ripida strada che conduce a Malga Polzone e accompagnando gli escursionisti lungo il sentiero CAI numero 403.

Dopo aver coperto circa un chilometro, quest’ultimo abbandona il fondo cementato e si inerpica verso sinistra riducendo leggermente la pendenza e permettendo agli appassionati di trekking di tirare un attimo il fiato prima di godersi appieno il silenzio della natura.

Qualora invece si volesse proseguire ancora lungo la strada, è possibile incrociare una piccola baita inserita nel verde chiamata a sovrastare un affascinante ponticello in legno costruito sul torrente Carbonera.

Qualsiasi sia la scelta presa, i due tracciati si ricongiungeranno nel giro di pochi minuti all’interno di un’ampia abetaia dove la fatica tornerà a farsi sentire complice i diversi metri di dislivello da superare.

A distanza di circa un’ora dal via, gli escursionisti sono chiamati a far un’ulteriore scelta: si giunge infatti a un bivio dal quale si dirama la cosiddetta “variante 403”, percorso più breve rispetto al tradizionale, ma al tempo stesso più breve e consigliabile da affrontare soltanto in salita complice la presenza cospicua di vegetazione lungo il tragitto.

Rimanendo sul 403 è invece possibile incontrare alcuni tratti pianeggianti che conducono nei pressi della vicina pista da sci, consentendo all’appassionato di rifiatare prima di riprendere a salire e uscire dall’area boschiva e aver davanti a sé le pareti rocciose della Presolana.

Rifugio Albani

Mentre sulla destra sarà già possibile scorgere la propria destinazione, gli escursionisti dovranno stringere ancora i denti per circa quaranta minuti prima di incontrare le antiche miniere di fluorite (oggi abbandonate) e di raggiungere il Rifugio Albani dove godersi le prelibatezze e l’amore offerto dai rifuggisti.

Per coloro che non volessero far particolare fatica, vi è la possibilità di usufruire degli impianti di risalita fino a Cima Bianca (2000 metri) e scendere successivamente a piedi per circa una ventina di minuti durante il periodo estivo.

Discorso diverso infine in inverno dove, affrontando un breve tratto di fuoripista, sia possibile  giungere alla struttura con gli sci ai piedi e fruire del gradevole calore offerto dal rifugio, fra storie di alpinismo e un tramonto paragonabile soltanto a quello delle Dolomiti.