Bergamo, a livello sportivo, può essere definita un caso nazionale. Nel senso che il suo territorio esprime una delle più illustri tradizioni in tutte le discipline agonistiche, avendo conseguito traguardi prestigiosi, sia a livello individuale che di squadra, anche nelle competizioni olimpiche e mondiali, oltre che a livello nazionale e continentale. L’ultimo alloro è arrivato al termine di una lunga battaglia in uno degli sport più seguiti, amati e praticati. Il volley femminile di Bergamo, da anni ai vertici internazionali con il marchio Foppapedretti (quest’anno supportato anche da Norda), ha riconquistato lo scudetto che mancava da cinque anni, periodo in cui le rossoblu si sono consolate, si fa per dire, vincendo per ben tre volte la Champions League. Un successo che riporta a galla il problema di un impianto adeguato ai numeri del movimento pallavolistico orobico. Nelle sfide casalinghe di finale scudetto, ma anche in occasioni di match precedenti, il PalaNorda ha raggiunto la capienza massima consentita con 2.600 spettatori, ma fuori ne sono rimasti altrettanti o forse più. Al Forum di Assago, nella gara decisiva che ha assegnato il tricolore, erano presenti in 8mila. A Bergamo, a giusta ragione, si chiede a viva voce un nuovo stadio, improntato a esigenze moderne di accessibilità, comfort, sicurezza e servizi. Meglio sarebbe pensare ad una cittadella dello sport che possa ospitare un palazzetto degno della fama raggiunta negli anni dalla plurititolata Foppapedretti: 26 trofei in 15 anni di attività sono un record difficilmente eguagliabile. Il titolo del volley serve a rilanciare l’immagine di Bergamo, finita nel mirino mediatico per effetto del calcio scommesse. In una provincia con il più alto numero di sportivi praticanti rispetto al totale della popolazione, le vicende legate ai presunti illeciti che vedrebbero coinvolta l’Atalanta suonano come un’offesa carica di amarezza. I media non possono trascurare le dichiarazioni che rimbalzano dalle sedi giudiziarie, tuttavia è giusto predicare prudenza e avere fiducia nella giustizia, sia quella ordinaria che sportiva. E’ giusto che una società come l’Atalanta, la più illustre delle provinciali con ben 50 campionati di serie A alle spalle, tuteli la propria immagine e quella di un progetto che il suo presidente Percassi ha lanciato con entusiasmo e lungimiranza ottenendo la fiducia di un numero di abbonati tale da fare invidia a squadre non solo del massimo campionato italiano, ma anche di Premier League e Liga spagnola. Altrettanto bene fa il primo cittadino di Bergamo a predicare calma e prudenza, ricordando i tanti ed importanti valori che la città e la provincia esprimono in tutti i campi della società e della vita sportiva. Si può attendere con fiducia che le ombre vengano rimosse. Per chi lo avesse dimenticato, viviamo in uno Stato di diritto, dove vige la presunzione di innocenza e le accuse vanno comprovate. Essere tirati in ballo non può piacere, né fa stare tranquilli. Ne sa qualcosa l’Albinoleffe, che si concentra sulla gara di ritorno dei playout di serie B contro il Piacenza. Anche in questo caso c’è un’identità da difendere, diventata anche favola dei nostri giorni. Negli spogliatoi della squadra seriana è nato il terzo tempo calcistico, una primizia che la stessa lega di serie B ha tenuto a battesimo con entusiasmo. Eppoi c’è l’onesta intellettuale di Emiliano Mondonico, un marchio di fabbrica e una scuola di vita per chi vuole macinare sudore e raccogliere soddisfazioni sul rettangolo di gioco. L’entusiasmo con cui le strade bergamasche hanno accolto il Giro d’Italia sono un’altra splendida cartolina di come si viva lo sport. Entusiasmo rivissuto con cadenza settimanale su campi e palestre da tanti atleti che si misurano e primeggiano, conquistando allori e raccogliendo i frutti di sacrifici e lunghi allenamenti. Un lungo elenco di interpreti della sana etica sportiva da cui non vanno esclusi alpinisti di fama mondiale, come Simone Moro e Mario Merelli, andati alla conquista di impegnativi Ottomila.