Marten De Roon ha ricevuto questo pomeriggio la benemerenza dalla Città di Bergamo per i suoi meriti sportivi. Dieci anni di impegno e dedizione totali a servizio della causa della squadra di cui è diventato capitano e che ha raggiunto vette inimmaginabili. E che, anche quest’anno, sta intraprendendo un cammino di incredibile bellezza.
Chiamato sul palco a ricevere l’attestato per le mani del sindaco Elena Carnevali, Marten De Roon, ha voluto sottolineare quanto sia stato lungo e tortuoso, anche culturalmente, il percorso fatto. Ecco le sue parole:
“È difficile spiegare cosa significhi per me stare qui e ricevere questa benemerenza. Dieci anni fa sono arrivato qui dall’Olanda con la speranza di vivere una bella esperienza in questa città a me sconosciuta. Avevo 24 anni. Non sapevo una parola di italiano. Non conoscevo nessuno e nessuno conosceva me. Il giorno dopo il mio arrivo eravamo in ritiro. Di sera, i miei compagni di squadra mi dicono: Vieni con noi. Senza dirmi altro. Mi portano in un ristorante e a un certo punto arriva un gruppo di ragazzi con in prima fila uno tutto sudato in canottiera, pantaloncini e zoccoli, che mi prende la faccia con le sue grosse mani e mi bacia in bocca. Mezz’ora dopo mi mettono in un cestello dell’autoscala e mi fanno attraversare a 7-8 metri di altezza da terra un piazzale in mezzo a diecimila persone in delirio. In quei momenti, vi posso assicurare, mi sono chiesto: ma dove sono finito? Ora, dieci anni dopo, sono ancora qui, felice, con la mia famiglia. La città di Bergamo, che per me era sconosciuta, è diventata la nostra casa. Due delle mie tre figlie sono nate qui. Ma stasera, soprattutto, voglio esprimere un ringraziamento. Grazie alla gente di questa città. Grazie per l’amore e l’affetto che sento ogni giorno dai tifosi, grazie per il supporto nei momenti difficili e belli. Grazie all’Atalanta. Alla famiglia Percassi, che mi ha voluto e rivoluto nella mia parentesi in Inghilterra. Al mister, che oggi è qua. Che è stato decisivo per la mia carriera e che ha ispirato noi calciatori a fare cose impensabili e grazie anche a tutti i miei compagni che mi hanno sempre supportato. Il calcio è e sarà sempre il calcio. Ma qui ha un significato più grande. La Dea fa incontrare le persone. La Dea fa sognare. La Dea dà speranza e la Dea è parte della vita di molte persone. Sono veramente orgoglioso di poter rappresentare questo club in Italia, in tutta Europa e pure in tutto il mondo. Perché io credo che la Dea faccia sognare le persone che con la mentalità dei bergamaschi si possa fare tutto e che nella buona e nella cattiva sorte il “Mola mia” torni sempre. Concludo con le parole con cui mi sono presentato quella sera davanti a diecimila tifosi. “Pota s-cecc, forsa Atalanta, forsa Berghem”.