Lo sport paga a caro prezzo la pandemia da Covid: un milione e mezzo di tesserati in meno

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Un milione e 760mila tesserati o iscritti e 5166 associazioni e società dilettantistiche in meno. Tanto è costata la pandemia da Covid-19 al sistema sportivo italiano. È quanto emerge dal report “I Numeri dello Sport 2019-2020” elaborato dal Centro Studi e Uffici Statistici del CONI e presentato al Foro Italico dal Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Giovanni Malagò, dal Presidente dell’ISTAT, Gian Carlo Blangiardo e dal Segretario Generale del CONI, Carlo Mornati.

Nel 2020 il movimento sportivo promosso sotto l’egida del CONI ha raccolto oltre 13 milioni 113 mila persone tesserate e 115 mila società sportive, registrando, rispetto all’anno precedente, un calo di oltre 1 milione e 760 mila tesserati/iscritti, da addebitare principalmente all’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia. Complessivamente nel 2020 si contano 11 milioni 857 mila atleti tesserati o praticanti iscritti; 731 mila sono dirigenti; 490 mila tecnici e 101 mila ufficiali di gara.

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Nel dettaglio, le autodichiarazioni degli Enti di Promozione Sportiva (EPS) – fornite all’Ufficio Riconoscimento ai fini sportivi del CONI – per il 2020, individuano inoltre 7 milioni e 637 mila praticanti (circa 1 milione e 300 mila in meno rispetto all’anno pre-Covid 19), 234 mila dirigenti sportivi e 225 mila tecnici tesserati dagli EPS tramite le ASD e SSD affiliate e iscritte al Registro CONI.

Dopo il boom di tesserati spinto dalle vittorie azzurre a Rio 2016, nel quadriennio olimpico 2017-2020 le tendenze generali hanno risentito delle influenze legate alla sfavorevole congiuntura economica, al calo demografico e ai relativi squilibri intergenerazionali della popolazione, nonché alle incertezze generate dalla riforma del settore sportivo e in ultimo all’emergenza sanitaria da Covid-19.

La pandemia e il primo lock-down, con l’impossibilità di poter svolgere attività non agonistica nei luoghi al chiuso o attività didattica-promozionale nelle palestre scolastiche, hanno inevitabilmente impattato sulle attività federali, in particolar modo per quelle di carattere promozionale-scolastico, con le variazioni percentuali più evidenti che si riscontrano soprattutto tra le iscrizioni degli EPS: -14,4% i praticanti e -12,5% gli operatori sportivi, mentre sono più contenuti i decrementi per FSN e DSA: -7,9% gli atleti -3,2% gli operatori sportivi. In controtendenza solo 14 Federazioni su 61 FSN-DSA che hanno riscontrato invece un incremento del numero di tesserati.

In calo anche le affiliazioni: 146.961 (contro le 154.128 del 2019), con le Associazioni/Società sportive dilettantistiche iscritte al Registro del CONI che passano da 120.635 a 115.469 soggetti giuridici distinti.

Tra i fattori che hanno mitigato la perdita di tesserati si annoverano le facilitazioni previste per il tesseramento e le affiliazioni, la pratica di attività sportive da remoto durante il lock-down o svolte all’aperto nella stagione estiva e il consolidamento di alcuni settori federali legati alle nuove discipline sportive riconosciute in anni recenti.

Nel 2020 il 71,6% dei tesserati è raccolto in 10 Federazioni: con in testa calcio (1.024.726 atleti), tennis (325.954), pallavolo (308.169), pallacanestro (293.090) e atletica leggera (211.771). Per numero di società sportive si distinguono, invece, calcio (11.915), pallavolo (4.331), pallacanestro (3.299), tennis (3.168) e ciclismo (2.980). Tra le DSA in evidenza invece dama (46.551 atleti) e, per numero di società, il biliardo sportivo (860).

Il 71,8% degli atleti e degli operatori sportivi tesserati per FSN e DSA è uomo, il 53,6% è under 18. Tra gli atleti delle FSN, il 34,9% è tesserato nel calcio, l’8,9% dalla pallacanestro e l’8,3% dal tennis. Le atlete, invece, hanno optato principalmente per pallavolo (21,4%, circa 235mila), ginnastica (10,4%) e sport equestri (8,3%). In aumento il numero di dirigenti donna che occupano il 12,7% delle cariche federali (+1.8%), primi effetti delle riforme introdotte dal CONI.

Il mondo sportivo federale risente dello storico divario territoriale dell’Italia. Nell’area Nord sono concentrati il 56% degli atleti e il 48% delle società sportive italiane, soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest. Nel Centro risiede il 22% degli atleti e operano il 22% delle società sportive al Meridione l’incidenza è pari al 22% degli atleti e al 30% delle società sportive. La Lombardia è in assoluto la regione con il più alto numero di atleti tesserati (806.736) e di società sportive (9.165) e ha un peso pari al 19% del tesseramento nazionale. Con il 32,63% dei tesserati (1.377.032) raccolto nelle tre regioni (Lombardia, Veneto e Trentino Alto-Adige) che ospiteranno i Giochi Olimpici di Milano Cortina 2026.

Giovanni Malagò (Foto Pagliaricci / Coni)

Riprendiamo questa vecchia e sana abitudine tra l’ISTAT e il CONI, due enti pubblici, con gli oneri e gli onori di essere nel pubblico – ha detto Malagò aprendo la presentazione -. L’abitudine di raccontare quello che è successo che è non solo importante ma doveroso. Lo facciamo con il più autorevole interlocutore che ringraziamo per la straordinaria collaborazione offerta. Questi dati sono fortissimamente alterati da quello che è successo non solo nel nostro Paese e non si può non tenere conto di quello che è successo. Va tenuto conto inoltre che nell’ambito dei tesseramenti e delle affiliazioni ci sono Federazioni che fanno i tesseramenti sull’anno solare e altre sull’anno sportivo. Ill numero dei tesserati è sceso ai livelli del 2008. C’è stato anche un calo nell’associazionismo ma sinceramente avremmo pensato a numeri maggiori. È prevedibile inoltre che si registrerà una significativa perdita nell’anno sportivo 2021 nonostante il trend diffuso della cultura sportiva del nostro Paese. Sono dati molto importanti e vorrei sottolineare inoltre che l’aspetto demografico è la prima istanza del nostro mondo, che deve ottenere delle risposte da chi di competenza. L’Italia è ferma a una cifra apparente di 60 milioni di persone. Stiamo lavorando sul materiale umano che in 20 anni ha perso 5 milioni di italiani che sono normalmente le persone che utilizziamo per fare grande il nostro Paese nello sport. Se perdiamo 5 milioni in 20 anni, pur avendo i migliori tecnici e in assoluto la migliore organizzazione, è chiaro che se non succede qualcosa sarà impossibile ottenere quei risultati che ci hanno fatto diventare un modello da imitare”.

Blangiardo, Malagò, Mornati (Foto Pagliaricci / Coni)

I dati CONI presuppongono un calo inevitabile dopo l’anno di pandemia – ha aggiunto Mornati -. Questi numeri ci servono per capire l’andamento settoriale e ci consentono di riflettere, in chiave futura, sull’incidenza del fattore legata alla natalità. Quando il bacino si va a inaridire sparisce un tessuto di quasi 5 milioni di potenziali atleti, come si evince dal trend registrato negli ultimi 25 anni. L’effetto sugli sport di squadra lo vedremo in futuro, ma chi sta entrando nella fase agonistica per due anni è scomparso. Fra 3 anni capiremo gli effetti di quello che si è verificato“.

Calano i tesserati, ma secondo le rilevazioni dell’ISTAT sull’anno 2021, continua a ridursi la sedentarietà – al 33,7 % – (al 35,2% nel 2020, mentre era addirittura al 41,2% nel 2013) anche se si contrae la pratica sportiva continuativa tra i più giovani (in parallelo, si è fortemente ridotta la quota dei 6-14enni che ha praticato sport 3 o più volte a settimana), con la sedentarietà in aumento proprio tra gli adolescenti: i soggetti che hanno pagato, più di altri, una emergenza sanitaria che ha condizionato gli stili di vita e i comportamenti legati allo sport. Nel 2022 si attende, però, un ritorno alla normalità in questa fascia di età.

Più in generale, nonostante le difficoltà, la popolazione ha cercato comunque di mantenersi fisicamente attiva. Sono cambiate però le modalità con cui la pratica sportiva è stata svolta, spesso in modo non strutturato: è calata la quota dei praticanti che hanno fatto sport in luoghi a pagamento (soprattutto tra le donne), che hanno preso lezioni o che hanno pagato una retta.

La pratica sportiva è fondamentale perché lo sport è piacevole ed è salute, un modo per migliorare la qualità della vita – ha evidenziato Blangiardo -. Lo sport inoltre è anche economia e i cambiamenti che si determinano provocano degli effetti anche in questo settore. È successa una tempesta con la pandemia. In qualche modo c’è stato un certo progresso nella pratica sportiva, siamo un Paese in cui si fa in maniera crescente attività fisica, ma con la pandemia il primo segnale importante che vediamo è che gli adolescenti chiusi in casa che hanno patito una mancanza di attività di pratica sportiva e socializzazione. Più in generale, in ambito di pratica sportiva dobbiamo lavorare di più rispetto agli altri Paesi Europei“.

L’impatto dell’emergenza sanitaria (ed economica) è stato del resto molto forte: nel 2021, solo il 12,7% delle famiglie residenti in Italia (3 milioni 300 mila) ha sostenuto spese per attività sportive (erano il 22,9% nel 2019); sempre nel 2021, il 2,3% (600 mila famiglie) ha sostenuto spese per articoli sportivi, contro il 3,1% nel 2019. Sono, peraltro, le famiglie giovani e numerose a sostenere di più le spese per l’attività sportiva e l’attuale congiuntura economica potrebbe ridurre la pratica sportiva proprio nelle famiglie con minori risorse economiche.

La contrazione delle spese ha avuto inevitabilmente delle ripercussioni sulla forza lavoro del settore che viene stimata in 104 mila occupati, in calo rispetto al 2020 (128 mila) e al 2019 (132 mila).

La voglia di fare sport, che non si è piegata alla pandemia, rappresenta comunque una base importante da cui ripartire, pur monitorando che la ripresa dell’attività sportiva sia uniforme sul territorio e non accentui lo svantaggio del Meridione e dei piccoli comuni.