Il tamburello non è annoverato tra gli sport olimpici, ma è sport antico, che, a Bergamo, si pratica dalla notte dei tempi. Nonostante i mutamenti sociali, il tamburello resiste e ha saputo apportare anche alcune modifiche, come, ad esempio, giocando indoor all’interno delle palestre (a tre contro tre).
Abbiamo incontrato il presidente del Comitato provinciale di Bergamo, Gerry Testa. Al suo secondo mandato è anche membro della Commissione attività giovanile federale, nonché presidente del Grassobbio, società che ha fondato una decina di anni fa.
Cresciuto nelle file dell’Aurora Seriate, Testa ha un passato discreto di giocatore in diverse squadre vincendo alcuni campionati in Serie B, C e D. Alla fine degli Anni Novanta ha fatto parte della Nazionale che sul campo di Sotto il Monte ha disputato un’amichevole con la Francia.
Tutta la famiglia Testa segue il tamburello. Papà Giuseppe è stato presidente per tanti anni del Comitato provinciale. Ha due sorelle che hanno vinto i Giochi della Gioventù (inizio anni ‘80) con la squadra dell’Aurora Seriate. Le due figlie giocano nel San Paolo d’Argon sia nell’attività open e nel Grassobbio nell’indoor. Quest’anno il Grassobbio ha conquistato la promozione in Serie A. La moglie Cristina è segreteria del Comitato provinciale. Una famiglia, insomma, tutta pane e tamburello.
Gerry Testa, com’è lo stato di salute del tamburello bergamasco?
“Lo stato di salute del tamburello bergamasco, dal mio punto di vista, non dico che sia ottima, ma diciamo che è buono. Da quando sono presidente del Comitato di Bergamo, vale a dire da 6 anni, di società non se ne è ritirata neanche una. Anche dopo l’avvento del Covid, dove personalmente pensavo che qualcuna mollasse, questo non è successo e stiamo andando avanti.
Parliamo di numeri non paragonabili ad altri sport, perché il tamburello è considerato uno sport minore; dalla ventina di società che esistevano a Bergamo quindici anni fa, adesso ne annoveriamo 15. Non siamo messi male, rispetto ad altre province dove si sono perse molte più squadre rispetto a noi.
Il tamburello, essendo uno sport di nicchia, uno sport “antico”, quando viene a mancare qualche personaggio storico di questo mondo, non viene sostituito facilmente dai giovani. Sotto la mia direzione è venuta a mancare una società, subito sostituita dal Serina, ed è partita un’altra squadra giovane: il Grassobbio. Possiamo dunque dire che il tamburello bergamasco va bene“.
Negli ultimi anni le squadre maggiori della provincia hanno vinto alcuni titoli nazionali, mentre sono troppi anni che non brillano nell’attività giovanile. Perché?
“Questa domanda fa molto riflettere. Quando sono stato eletto 6 anni fa, alla mia prima presentazione come presidente del Comitato mi avevano chiesto: “Cosa speri”? La mia risposta era stata: “Spero che una squadra giovanile di Bergamo primeggi nel campionato nazionale”. E ci credo tuttora. Forse quelli che vincono sono più bravi. Forse più strutturati con più voglia di investire nei giovani“.
Come rispondono le società ai solleciti di svolgere attività giovanile?
“È un cruccio che ho da quando sono presidente del Comitato. A ogni riunione continuo a ribadire che le società devono insistere sui giovani. Il problema è capire se le società sono sintonizzate sulla stessa lunghezza d’onda. Hanno le persone per insistere sui giovani? Vogliono investire del tempo per far crescere i giovani? Non è semplice, però ci sono società che fanno del settore giovanile il loro fiore all’occhiello. Ripeto: a Bergamo ci sono 15 società e più della metà di loro hanno il settore giovanile. Chi ha i giovani in attività si impegnano; ogni anno ripartono magari con nuovi ragazzi; oppure terminano un ciclo e ripartono con un altro. Non nascondo che ci sono alcune società che fanno veramente molta fatica“.
Nell’attività Indoor perché sono così poche le squadre bergamasche?
“Sono così poche perché a Bergamo c’è ancora la cultura che il tamburello sia uno sport Open. L’Indoor non è benvisto. È sì lo stesso sport, ma leggermente diverso. Per tante società il cambiamento non è sempre così automatico. Anche se per me l’Indoor è la strada che ci porta a far conoscere il tamburello a una platea più allargata. Quando nasce una società, in un Comune dove non esiste lo sferisterio, difficilmente quell’amministrazione comunale lo va a realizzare; invece la palestra di sicuro la si trova. Anche se, bisogna dirlo, non è facile trovare palestre con le misure adatte. Il campo di tamburello per l’Indoor deve essere di 34 metri, che è una misura importante che trovi solo nei palazzetti. Forse è anche per questo che c’è difficoltà a sfondare nell’Indoor
Non solo a Bergamo, ma in Italia, se si vuole allargare il mondo del tamburello la strada più veloce è quella di puntare all’Indoor. In ogni paese, ormai, c’è una palestra. Se poi l’Indoor non è paragonabile al tamburello classico allora qui si apre una riflessione più profonda. Però bisogna allargare la mentalità di tutti. Occorre rinnovarsi, ma i rinnovamenti fanno sempre un po’ paura. Detto questo va ribadito che l’Open è il vero tamburello. Questo non si discute“.
Dove, come Comitato, intendete intervenire per aumentare il numero dei partecipanti delle società che hanno smesso negli ultimi anni?
“Come Comitato, sono onesto, puntiamo al fatto che sia la Federazione a dover dare una spinta su questo aspetto. Tanto è vero che un paio di anni fa la Federazione aveva iniziato un progetto, insieme alla Federazione del tennis, del ping pong e del badminton, che si chiamava “Racchette in classe”. Con uno sponsor di livello: la Kinder Ferrero. Una iniziativa nazionale molto importante. Di Bergamo non aveva aderito alcuna società. Questa era una grossa opportunità, perché la Federazione metteva a disposizione istruttori, materiali. Qui non c’è stato terreno fertile perché le società non vi hanno aderito. Tutto dipende sempre dalla volontà e dalla disponibilità delle società. Altrimenti si finisce per essere una voce nel deserto“.
Come sono i rapporti con le istituzioni sportive: Coni, Provveditorato degli Studi, enti di promozione comunali e con la Federazione nazionale?
“Col Coni di Bergamo, quando c’è qualcosa da promuovere e organizzare, abbiamo un buon rapporto. Il tamburello è uno degli sport più praticati nell’ora di motoria delle scuole. Nella provincia di Bergamo ci sono parecchie scuole che dedicano l’ora di ginnastica al tamburello. Due anni fa abbiamo organizzato, con la Federazione, un corso per docenti, per istruirli alle regole del gioco. Ogni anno ricevo 2-3 telefonate dalle scuole, che mi chiedono istruttori. Il problema è proprio questo: trovare le persone che vadano nelle scuole. Come Comitato a oggi abbiamo due persone che cercano di coprire le esigenze, ma c’è un limite di tempo per tutti. E qui faccio un appello a tutti i miei coetanei, fra quelli che hanno giocato a tamburello o che stanno ancora giocando, se hanno una-due o tre ore di tempo da dedicare alle scuole: contattateci. Così allarghiamo la platea degli istruttori da poter mandare nelle scuole.
Con le amministrazioni comunali dei diversi paesi, dove operano le società di tamburello, non ci sono problemi e con la Federazione, come già detto, siamo in ottimi rapporti“.
Purtroppo l’Arcene ha fallito all’ultima partita la conquista dello scudetto, ma ha vinto la Supercoppa. Quanto è importante ottenere certi risultati?
“L’Arcene una vittoria importante l’ha fatta anche con la conquista della Coppa Italia. Vittorie di questa portata portano benefici all’ambiente generale del tamburello bergamasco“.
Può tornare sul tamburello lo stesso interesse che suscitava negli anni Ottanta-Novanta?
“In quegli anni lì c’era poco. Oggi ci sono tantissimi sport alla portata di tutti, tantissime cose da fare e da seguire anche con le coperture in diretta televisiva. Il nostro è rimasto uno sport di nicchia che ha conservato le caratteristiche del tempo. Il tamburello se vuole tornare ad essere al centro dell’interesse popolare deve diventare più appetibile. Facciamo un esempio: il padel è esploso. Proviamo a pensare se al posto della racchetta al padel avessero messo il tamburello. A quest’ora di cosa stavamo parlando? Per far crescere il tamburello occorre “trasformarlo”, renderlo più dinamico, veloce. Dobbiamo togliere dalla mentalità il concetto di antico e renderlo uno sport contemporaneo appetibile per i giovani. Il futuro sono i giovani e occorre attirare i giovani. Se non attiriamo i giovani finisce che parliamo a vuoto. Una partita Open può durare anche 5-6 ore. Una partita Indoor al massimo dura un’ora e mezza. Se porti un giovane allo sferisterio, non puoi tenerlo lì 3-4-5 sei ore. Deve essere una cosa più veloce. I giovani, poi, si appassionano giocando. Se li porti in palestra al tre contro tre si divertono di più perché giocano tutti lo stesso numero di palline. Se li porti all’esterno cinque contro cinque, dietro e in mezzo giocano tante palle, mentre i due terzini davanti trascorrono anche molto tempo senza toccare palla, ma diventano decisivi perché sono chiamati a chiudere il punto. Ma il giovane, oggi, non vuole star lì ad aspettare. Vuole essere sempre protagonista del gioco. Ecco allora la mia ricetta: il tamburello deve diventare dinamico e veloce“.