In principio fu Rino Gattuso a unirsi ai cori della curva milanista che sbeffeggiavano Leonardo, ex anema e core rossonero sul campo e in panchina prima di passare sulla sponda interista. Definito un peccato veniale, ma pur sempre peccato, soprattutto se commesso dopo la conquista dello scudetto. Gattuso è un lottatore e per questo ha guadagnato negli anni stima e simpatia. E’notoriamente generoso, e non solo verso la sua terra calabra. Insomma, poteva risparmarsela per evitare di incorrere nel deferimento e macchiare la sua immagine di paladino. Una vita da mediano, come racconta Ligabue nella sua hit dedicata a un altro grande stoico del centrocampo come Oriali, va onorata sempre. Eppoi i beniamini, coloro ai quali si ispirano folle di bambini e adolescenti amanti e praticanti del gioco del pallone, meritano ben altri esempi.
Sembrava un episodio isolato. Invece ci ha pensato mister Mandorlini a rincarare la dose, al punto che perfino i tifosi organizzati della mitica Hellas Verona, di cui è allenatore, si sono affrettati a prendere le distanze. Bersagliato dal caldissimo stadio Arechi di Salerno nella fine di ritorno dei playoff per la promozione in B, Mandorlini ha maturato la vendetta a modo suo, infierendo verbalmente contro gli antagonisti campani in occasione del raduno della squadra veronese. Lo scherno, pesante, non è passato inosservato diventando un refrain su YouTube. “Ti amo terrone” non è scherzoso, né tantomeno vezzeggiante. E’ solo un’offesa banale, tanto più grave perché proferita da un tesserato, da un allenatore, la cui figura viene equiparata a quella di maestro di vita nei confronti dei calciatori che è chiamato a guidare. La lezione è sbagliata, il tentativo di rendersi simpatico al popolo degli ultrà del Verona è miseramente fallita. Gli avversari vanno rispettati. Gattuso e Mandorlini, deferiti e avvisati.