Monterosso è solo un quartiere, ma è destinato a restare negli annali del calcio perchè qui è nato ed è cresciuto Piermario Morosini. Ed è qui che il mondo del calcio si è ricongiunto, ritrovando in una giornata uggiosa, a tratti bagnata come a lui sarebbe piaciuto, identità e valori che sembravano smarriti. Forse non sarà spiegabile fino in fondo la causa della sua morte, l’origine del malore che ne ha provocato il decesso e reso inutili tutti i tentativi di rianimarlo. Di certo sappiamo perché è vissuto e quale straordinario esempio egli rappresenti. Piermario si è limitato a coniugare i valori essenziali a cui tutti siamo chiamati a fare riferimento: amore per la vita, amicizia, altruismo, capacità di lottare, etica e moralità. Le spoglie di Morosini passano su un tappeto di sciarpe e bandiere, spesso usate per simboleggiare rivalità scioccamente spinte agli eccessi. Nemmeno la più celebre raccolta di figurine sarebbe riuscita a mettere insieme tanti colori gli uni diversi dagli altri. E’ l’universo del calcio, quello che dovrebbe essere sempre e dovunque. Il “Moro” azzera le categorie, posto ai piedi dell’altare vede sfilare amici e campioni, dirigenti e autorità, compagni di squadra e di oratorio. Un omaggio ininterrotto che si conclude con i funerali tra migliaia di persone strette in un unico abbraccio. Un ragazzo di fede, Piermario, che ha saputo accettare ciò che la vita gli ha riservato, conservando il sorriso nei momenti più duri e regalando serenità a chi gli è stato accanto. Tanta grinta in campo, tanta pace nel cuore. Questo il testamento spirituale di Morosini, interprete di un modo di essere che deve fare scuola. Per il bene di tutti. La sua vita da mediano rispecchia quella della maggior parte delle persone che, votate al sacrificio, non si risparmiano e sono pronte a tendere la mano. Piermario lo faceva con i propri avversari. Speriamo di onorarlo cominciando a mettere in pratica la sua lezione, nello sport come nella vita di tutti i giorni.