Gli atleti paralimpici bergamaschi onorano sempre con almeno una medaglia l’appuntamento con i Giochi a cinque cerchi. E’ accaduto anche quest’anno in occasione delle Paralimpiadi di Londra, dove la 23enne Martina Caironi, unica donna della spedizione orobica comprendente sette atleti più un milanese adottivo e un tecnico federale, ha vinto i 100 metri nella categoria T42 di atletica leggera. Il Rotary Club Dalmine Centenario ha voluto dedicare ai protagonisti dell’avventura paralimpica una conviviale speciale, svoltasi sabato 22 settembre. Non una semplice occasione celebrativa, inserita in una lunga serie di festeggiamenti in chiave istituzionale, ma un incontro servito ad avviare una collaborazione con il Comitato Italiano Paralimpico di Bergamo, rappresentato dal presidente Luigi Galuzzi, per contribuire ad avvicinare alla pratica sportiva di base le tante persone che si confrontano con le diverse tipologie di disabilità. E’ proprio lo sport, in molte circostanze, a segnare la ripresa e il ritorno alla vita normale di persone costrette a misurarsi all’improvviso con una situazione diversa, per un incidente o una malattia. E’ stato così per Martina Caironi, vittima di un pirata della strada e amputata sotto il ginocchio nel 2007, poi sulla pista di atletica con la prima protesi nel 2010 e nel giro di due anni capace di conquistare titolo mondiale e paralimpico. E’ lei, solare e grintosa nella sua semplicità, il simbolo più autentico del riscatto a cui tutti devono poter aspirare. Il suo allenatore Mario Poletti, che ha guidato la spedizione azzurra di atletica leggera alle Paralimpiadi londinesi, ricorda i 170mila disabili in età scolastica a livello nazionale e richiama l’importanza fondamentale della pratica sportiva, anche attraverso percorsi individuali e non solo agonistici, per il raggiungimento della massima autonomia possibile. La lezione di Londra ha rappresentato un messaggio esemplare lanciato al mondo.
Due milioni di spettatori hanno acquistato il biglietto per assistere a un gesto sportivo. Lo ha sottolineato Gianfranco Baraldi, presidente dell’Associazione Atleti Olimpici Azzurri d’Italia, ricordando che prima della medaglia d’oro di Martina ce ne sono state altre otto al collo di paralimpici bergamaschi. Alla conviviale la giovane paralimpionica è circondata da uno stuolo di atleti che hanno condiviso l’avventura londinese. Mario Esposito, bronzo a squadre nell’arco a Pechino 2008, si è consolato con la quinta partecipazione ai Giochi. Accanto a lui Maria Clelia Rebussi, moglie e presidente della PHB, società che svolge attività di nuoto, sci, scherma, tennis tavolo e naturalmente tiro con l’arco, anche e soprattutto grazie al contributo determinante dei volontari. Un’emozionatissimo Marco Carlo Gualandris, quinto a Londra nella vela di coppia, si allena sulle acque del lago d’Iseo con la società AVAS Lovere. Damiano Airoldi, apparso entusiasta nel corso della cerimonia di apertura, ha fatto parte della squadra nazionale di basket in carrozzina. Tra i due, in veste di special guest, Mauro Foppa, la cui società colleziona qualcosa come 900 appuntamenti annui, tra basket in carrozzina (con obiettivi ambiziosi), tennis, sci (due atleti alle parilimpiadi invernali di Vancouver) e altre discipline, non ultimo il prezioso programma di sport terapia in collaborazione con gli Ospedali Riuniti di Bergamo.
“E li chiamano disabili” recita il titolo di un libro scritto da quel grande giornalista sportivo che è stato Candido Cannavò. Le Paralimpiadi non sono il punto di arrivo, ma quello di partenza per dare a tutti la possibilità di fare sport. Il Rotary Club Dalmine Centenario ha già raccolto la sfida e si accinge a lanciare un progetto per fornire ausili tecnologicamente avanzati ma economicamente accessibili in grado di favorire l’avviamento alla pratica sportiva di base. Nessuno dovrà sentirsi più escluso.