Usain Bolt aveva sentito parlare della freccia del sud, quel Pietro Mennea che per due decenni ha detenuto il record del mondo dei 200 metri ed è stato a lungo l’uomo bianco più veloce del mondo. A Roma l’uomo razzo del XXI secolo si è dovuto arrendere per un solo centesimo a Gatlin sui 100 metri, ma se ne va con il ricordo e il sorriso di Martina Caironi, la freccia orobica. Lei, che ha stupito il mondo vincendo alle Paralimpiadi di Londra nella categoria T42, non si ferma e al Golden Gala ferma il cronometro sul tempo di 15″18, che abbassa di ben 53 centesimi il precedente limite stabilito ai recenti campionati nazionali di Grosseto. Ciò che sorprende di Martina è la naturalezza con cui progredisce sulla corsa regina dell’atletica. E’ il caso di dire che la 23enne velocista bergamasca brucia i tempi e vola sulle ali dell’entusiasmo. Merito, e non di poco, anche del suo tecnico e preparatore Mario Poletti, altro bergamasco doc, magistrale nella preparazione della fase atletica nonché straordinario coach mentale. Martina è persona solare dal carattere determinato. La sua corsa è pulita e l’azione composta. Ormai è lei il faro del movimento paralimpico azzurro di atletica leggera. E sulla sua scia potranno inserirsi nuovi atleti, pronti a mettere in pista le proprie capacità come momento di riscatto e rinascita individuale. Intanto Martina già pregusta il prossimo obiettivo: abbattere il muro dei 15 secondi, per entrare nella storia e contribuire a riscriverla.