Rino Fusco
Sono 15 anni che il venerdì sera Mauro Cavallone, professore associato di marketing dell’Università di Bergamo, si presenta al campo di rugby per allenarsi e giocare con gli Old (dai 42 anni in su) del Rugby Bergamo 1950. “Sono orgoglioso della mia maglia dove è riportato il mio soprannome KAW e il numero 57, il mio anno di nascita. In questi anni mi ha regalato tanti amici speciali, dentro e fuori campo. Azioni di gioco ma anche di solidarietà. Un esempio? Abbiamo organizzato un torneo di rugby, condito dall’immancabile terzo tempo, e raccolto denaro per acquistare lenzuola per un ospedale in Malawi”. Tutto è iniziato nel settembre del 2006 quando Mauro Cavallone ha esaudito la richiesta del figlio Marcello di giocare a rugby, per continuare a frequentare un suo compagno di classe delle elementari. E’ stato in quel momento che ha conosciuto il mondo e i valori della palla ovale. E quando chiese se uno che non aveva mai fatto sport, a 48 anni potesse giocare a rugby, fu invitato a provare con gli Old. “La regola per cui “si passa la palla solo all’indietro” è per me una metafora della vita: quante volte per andare avanti si deve fare un passo indietro? Non è facile per nessuno: il rugby in questo è terapeutico”.
Gustavo Vendramini, capitano degli Old, ha giocato a rugby in Argentina quando era uno studente liceale e una volta trasferitosi a Bergamo si è riavvicinato a questo sport giocando con la prima squadra. Raggiunta l’età stabilita dal regolamento, si è “trasferito” negli Old.
“Alla nostra età diventa importante un allenamento progressivo che parte da un lungo riscaldamento (corsa, navette cioè passare la palla avanti e indietro a gruppi di tre o quattro), a una parte più tecnica dove proviamo giocate e schemi, divisi tra mischia e tre quarti, finendo per giocare una partita tra di noi divisa in due momenti, la prima al tocco e la seconda a placcaggio – spiega Vendramini – Quando giochiamo una partita in un torneo chiedo sempre di non tenere nessuna riserva di energia che dopo la partita non servirebbe, non importa vincere o perdere ma uscire dal campo avendo dato il massimo”.
Tra di loro gli Old amano chiamarsi “fratelli di maglia”. il rugby degli Old permette di coniugare la passione per questo sport nobile con il piacere delle relazioni personali. “Questo periodo di forzata inattività ci ha portato a diventare creativi per creare occasioni di stare insieme anche se a distanza.
A proposito, quando sarà di nuovo possibile vedersi di persona, la aspetto per un terzo tempo dato che è una cosa che abbiamo già in comune”.20