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Coprifuoco e resilienza

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la città di Bergamo dopo le 23 deserta coprifuoco 22 Ottobre 2020 Tiziano Manzoni/ANSA

Federica Sorrentino

Negli anni abbiamo assistito ad atteggiamenti naturali, istintivi, segno di legame inscindibile quando c’è di mezzo, in particolare, la fede calcistica. Il riferimento è alle città e ai centri abitati lasciati vuoti quando gioca la squadra del cuore. Soprattutto se la squadra del cuore gioca le coppe, lontano da casa. Ora, come sappiamo, l’attitudine a stare in casa per assistere allo spettacolo sportivo attraverso la tv si è tramutata in necessità. Le mura domestiche luogo di rifugio e protezione. Ancora e più di prima. Negli anni passati il termine “coprifuoco” si riferiva proprio alle serate dei grandi appuntamenti televisivi con il calcio che conta. Oggi richiama il nostro sforzo di resilienza.
Un termine fatto ricorrere proprio nelle situazioni psicologicamente più difficili, tanto più a livello collettivo, che sta ad indicare la capacità dell’uomo di fronteggiare gli eventi traumatici e di riorganizzare la propria vita e la propria persona in maniera positiva dopo aver vissuto delle difficoltà.
Sfortunatamente ancora oggi ci troviamo ad affrontare uno di questi momenti, uno sorta di secondo tempo che avremmo voluto evitare, in cui è richiesto a tutti un ulteriore sforzo. Stiamo vivendo una fase cruciale, in cui sono richiesti impegno e responsabilità, al fine di riuscire a sconfiggere il flagello del virus che ci ha già portato via tanto in termini di affetti e tempi di vita. Il momento più difficile si presenta ancora una volta quando sarebbe il momento di vivere la grande passione del calcio, gremendo lo stadio rinnovato e approntato per la grande cornice europea.
Alla stragrande maggioranza dei bergamaschi tocca seguire, invece, l’Atalanta dal divano di casa. Non può essere la stessa cosa. Ai tifosi manca l’Atalanta come all’Atalanta manca il suo pubblico. Ma ancora una volta le circostanze ci impongono sacrifici. Solo grazie al superamento di questa situazione, sarà possibile tornare a tifare tutti insieme allo stadio e abbracciarsi e gioire dopo ogni gol, pronti in ogni istante a trasmettere vicinanza e passione.
La stessa squadra è artefice di una grossa spinta morale. Nell’editoriale del 30 marzo scorso, al picco della pandemia, raccontavamo come la tempra del popolo bergamasco si fosse riversata nel volontariato attivo, di cui l’ospedale da campo degli Alpini è stato l’esempio più fulgido. E allora, ancora una volta “Mola Mia”, per fare fronte ai momenti più delicati, rinunciando oggi per riconquistare il domani, consapevoli che si vince tutti insieme.

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