Se pensate che la corsa di Usain Bolt sia una formalità, rivedete le vostre convinzioni. Il campione giamaicano s’impone d’autorità anche sui 200 metri e conquista il settimo titolo mondiale della straordinaria carriera. Di fatto avrebbe già eguagliato il record di Carl Lewis se a Daegu non fosse stato squalificato per falsa partenza. Ma c’è la staffetta pronta a celebrare la condivisione dello storico primato di successi iridati con il “figlio del vento”. Ai mondiali di Berlino 2009 l’uomo più veloce di sempre fece segnare gli attuali limiti sulle distanze a lui congeniali: 9″58 sui 100 e 19″19 sui 200 metri e ottenne il triplo oro con la staffetta 4×100. Quello resta il momento più alto della strepitosa carriera. Dopo essersi ripreso il titolo dei 100 metri, sulla doppia distanza il 27enne di Kingston fa segnare 19″66 mettendosi alle spalle il connazionale Waren Weir (19″78) e l’americano Curtis Mitchell (20″04). Ciò che impressione ogni volta è l’atteggiamento sicuro del velocista giamaicano, il quale nelle falcate finali, resosi conto del vantaggio abissale, rallenta vistosamente e fa fermare ugualmente il cronometro su tempi da capogiro. Bolt mette a tacere anche e soprattutto le voci sul doping che, alla vigilia del mondiale di Mosca, ha interessato il settore della velocità e per la prima volta toccato l’atletica giamaicana. Sembra quasi voglia sottolineare che lui resta lo sprinter per eccellenza e i record sono una cosa a parte, magari da programmare, scegliendo clima e circostanze giuste, sostenuto dalla condizione migliore. In futuro, quando chiederanno chi era Bolt, molti risponderanno: il dominatore.