Cappotto senza disfatta

518

La Spagna entra nella storia mettendo a segno un fantastico triplete, maturato nell’arco di un quadriennio in cui è riuscita a vincere due volte l’Europeo con l’intermezzo del Mondiale sudafricano. Quattro gol sul groppone degli azzurri nell’attesa finale di Kiev sono un pesante fardello, lenito dalla straordinaria galoppata suggellata dalle vittorie su Inghilterra e Germania ma anche e soprattutto dalla dignità, dal carattere e dalla generosità che la squadra di Cesare Prandelli dimostra di rappresentare in ogni circostanza, nei momenti di gloria e in quelli della debacle. Non c’è fortuna nei 90 minuti che valgono il titolo europeo, con l’Italia costretta a giocare in dieci l’ultimo terzo di gara a causa dell’imprevedibile catena di infortuni. Uscire a testa alta non è facile, ma la Nazionale è un simbolo quantomai attuale e serve a ricordare come i risultati non si raggiungano per caso ma solo con un lavoro serio, continuo, meticoloso, appassionato, facendo leva sul sacrificio e la determinazione. La Spagna di Del Bosque è una delle squadre più forti di tutti i tempi, non solo per i grandi traguardi e il ciclo che continua dal 2008, ma per la padronanza con cui sta in campo. Alle Furie Rosse possiamo paragonare la Nazionale anteguerra di Vittorio Pozzo, con due mondiali e un olimpiade, e il Brasile di Pelé, che con la sola parentesi del mondiale d’Inghilterra, ha saputo conquistare in via definitiva tra il 1962 e il 1970 la mitica Coppa Rimet. La finale di Kiev somiglia in un certo senso a quello di Città del Messico nel ’70, quando, reduci dalla storica ed emozionante semifinale vinta ai supplementari (l’indimenticabile Italia-Germania 4-3), il ct di allora Ferruccio Valcareggi volle rendere onore a chi aveva conquistato la finale schierando la formazione base e rinunciando alle forze fresche in campo. Ecco, l’onore. Quello che va riconosciuto alla Spagna quando avrebbe potuto giocare con le combinazioni eliminando a tavolino l’Italia nella fase a gironi. Così non è stato, né mai sarà quando in campo scendono gli uomini veri. Si sperava che la finale contro la Spagna potesse essere disputata ad armi pari, ma la condizione fisica non ha permesso di contrastare il passo e le geometrie della Roja. De Rossi si è battuto da leone come al solito, Pirlo ha subito un pressing asfissiante che gli ha impedito di eseguire le proverbiali aperture, Marchisio invece era visibilmente stanco. Sono bastati pochi minuti per capire che agli azzurri mancava il passo giusto per ripetere la bella prova nel match di apertura dell’Europeo, quando Prandelli è riuscito a mettere in gabbia il fantastico centrocampo di Del Bosque con un 3-5-2 efficace ed incisivo. Nella gara di finale è Fabregas il mattatore, con Xavi e Iniesta nel ruolo di architetti. Dopo 10′ la combinazione sulla linea dei 16 metri tra Fabregas e Xavi che calcia un pelo oltre la traversa fa capire che gli spagnoli possono affondare all’improvviso, sia per vie centrali che laterali. L’azione che vale il vantaggio spagnolo al 14′ si sviluppa sulla destra con Fabregas che brucia in velocità Chiellini, visibilmente acciaccato, e dal fondo effettua un cross teso per la testa di Silva che con la fronte manda il pallone nell’angolo alto alla destra di Buffon che può solo guardare la rete gonfiarsi. La smorfia di dolore di Chiellini, causa riacutizzarsi dei problemi muscolari, è il preludio alla sostituzione che avviene al 24′ con ingresso di Balzaretti. L’Italia prende coraggio e prova a farsi viva, riuscendoci due volte con Cassano, che al 28′ e al 32′ impegna Casillas, e al 38′ con Balotelli che al 38′ prova il tiro calciando alto. Ma la Spagna è in agguato e al 41′ Xavi conquista palla a centrocampo e verticalizza per Jordi Alba che prende in contropiede la linea difensiva e batte Buffon in uscita. Prandelli dalla panchina incita gli azzurri e Montolivo prima del riposo prova a sorprendere Casillas, che si allunga e respinge. Ad inizio ripresa Cassano lascia il posto a Di Natale, che al 2′ potrebbe riaprire l’incontro. L’attaccante dell’Udinese riceve da Abate ma il suo colpo di testa davanti alla porta spagnola finisce alto. Su capovolgimento di fronte Fabregas porta lo scompiglio nell’area piccola e Buffon risolve con mestiere. Azzurri graziati quando Bonucci tocca nettamente il pallone con la mano in area. La Spagna macina gioco a volontà, con una fitta ragnatela di passaggi. L’ultimo sussulto azzurro è ancora opera di Di Natale che al 7′ viene smarcato davanti a Casillas, ancora pronto alla respinta. All’11’ Prandelli richiama Montolivo per inserire Thiago Motta, ma la scelta si rivela improvvida perchè dopo 5′ il centrocampista del Paris St Germain accusa un problema al bicipite femorale e l’Italia resta in dieci. Non c’è più partita. Con il passare dei minuti si evidenziano le difficoltà fisiche degli azzurri. Alla mezz’ora Torres rileva Fabregas e dopo 9′ segna il terzo gol ricevendo un passaggio filtrante in area e infilando Buffon in diagonale. El Nino diventa l’unico giocatore ad aver segnato in due finali europee, avendo marcato il gol del successo spagnolo contro la Germania nel 2008. Al 42′ Del Bosque concede la standing ovation a Iniesta. Lo sostituisce Mata che viene subito servito da Torres e fa poker. La Spagna vince con pieno merito e si riconferma campione d’Europa. L’Italia paga un prezzo alto in termini di risultato. Mai nessuna finale a livello internazionale si era conclusa con quattro gol di scarto. Anche il Brasile di Pelé aveva vinto nel ’70 con quattro reti all’attivo, ma l’Italia in quella circostanza mise a segno il gol del momentaneo pareggio con Boninsegna. Ma tutto questo fa parte delle statistiche. E la Nazionale di Prandelli sarà ricordata per quanto di buono ha fatto nell’Europeo, ricostruendo una squadra uscita a pezzi dal mondiale in Sudafrica e ponendo le basi per il futuro che potrà essere solo di crescita. In calendario nel prossimo biennio c’è il programma di qualificazione al mondiale 2014 in Brasile e nel 2013 la Confederation Cup, sempre nel Paese dei giallo-oro, a cui l’Italia accede in rappresentanza dell’Europa essendo la Spagna presente in quanto campione del mondo in carica. Si ricomincia a ferragosto con l’amichevole contro l’Inghilterra e con il ricordo delle belle prove sostenute nel campionato europeo, dal gol di Di Natale a Casillas a quello di Cassano, dai rigori che hanno deciso la sfida contro gli inglesi catenacciari alla fantastica doppietta di Balotelli contro la Germania.

forbes