Tale Beckmann, numero dieci del Nordsjaelland, ha rischiato di passare alla storia come il Pak Doo Ik del 21esimo secolo. Per i più giovani va ricordato che il nome coreano appartiene al calciatore, di professione dentista, che segnò all’Italia di Edmondo Fabbri al mondiale 1996 in Inghilterra firmando la clamorosa sconfitta condita dall’eliminazione degli azzurri. Nel match di Champions League disputato a Copenaghen, in cui la Juventus avrebbe dovuto mietere gol e incassare tre punti, la squadra danese riesce in due imprese: segnare il primo gol nella competizione, essendo rimasta sempre a secco, e contestualmente il primo punto, avendo chiuso sempre a zero. Insomma, più che un cuscinetto, un vassoio d’argento buono fino all’altro ieri per la differenza reti. Ecco, invece, che l’onda d’urto offensiva dei bianconeri sbatte puntualmente contro il frangiflutti dei danesi e sul grande argine rappresentato dal portiere Hansen (da tenere d’occhio). Il risultato è che Giovinco cincischia (così direbbe Pizzul, telecronista di fama) perfino quando anche un folletto d’oratorio la metterebbe dentro e l’attacco guidato da Matri non è affatto granitico. Alla Juve, insomma, manca il top player che, se non risolve, quantomeno crea spazi ai compagni per gli inserimenti. E a un primo tempo anonimo, chiuso sullo zero a zero, segue una ripresa che si apre con l’incubo della clamorosa debacle. Al 5’, su calcio di punizione dal limite, Beckmann fa la cosa più semplice, pennellando il pallone che supera la barriera e entra in rete alla sinistra di Buffon che si muove in ritardo e riesce solo a toccare. Sull’altro fronte il portiere Hansen sembra un muro invalicabile. Vi pensa Vucinic, subentrato a Matri, a rimettere le cose a posto con una girata di destro su crosso di Isla. Finisce in pareggio, il terzo in altrettante partite nella stagione del ritorno della Juventus in Champions League. Nelle ultime nove partite europee i bianconeri hanno sempre pareggiato. La vittoria dello Shakhtar sul Chelsea rende la qualificazione maledettamente difficile, non impossibile. C’è solo da fare le scarpe a Lucescu e Di Matteo!