Il Milan si esalta in Europa e passa a San Pietroburgo infliggendo il primo stop allo Zenit dell’era Spalletti. In Champions i rossoneri fanno bene nel primo tempo acquisendo il doppio vantaggio grazie a un calcio di punizione di Emanuelson deviato dalla barriera e con un’azione personale di El Shaarawy che irrompe in area palla al piede e con un destro secco e angolato firma il raddoppio. Prima rete in Europa per il Faraone, la quinta conteggiando quelle segnate in campionato. Montolivo e De Jong interpretano a dovere i rispettivi ruoli a centrocampo e Boateng incide in fase offensiva come pure decisivo si rivela Emanuelson sulla fascia destra. Abbiati, dopo essersi opposto ad almeno una mezza dozzina di conclusioni pericolose dei russi, deve capitolare a fine primo tempo per opera di Hulk, il più temuto dei giocatori di Spalletti. In apertura di ripresa, su corner dello stesso Hulk, la difesa del Milan si fa sorprendere consentendo allo Zenit di pervenire al pareggio. Il gol decisivo arriva alla mezz’ora per effetto di un autogol che nasce dal tentativo di anticipare Pazzini. Il Milan ha il merito di averci creduto, anche dopo aver subito la rimonta dei russi. Il tabellino finale dice 3-2 per i rossoneri, ma nello score va inserito il contributo determinante di Abbiati, di gran lunga migliore in campo, che si supera neutralizzando palloni destinati in fondo al sacco per potenza e precisione. Se il Milan di Allegri ritrova anima e convinzione, non si può dire che lo Zenit di Spalletti sia in crisi irreversibile. La squadra russa non gira a mille ma possiede un’intelaiatura invidiabile. I rossoneri salutano anche le buone prove di Bojan, accanto al sempre prolifico El Shaarawy, ormai titolare inamovibile, e il contributo di esperienza di Pazzini. Allegri, messo chiaramente in discussione, porta a casa un risultato che potrebbe rivelarsi decisivo per le sorti del girone, ma soprattutto segna una ripartenza fondamentale anche in chiave campionato.