di Marco Cangelli
Martina Fidanza e Chiara Consonni sono probabilmente due nomi che avrete sentito ripetere più e più volte nel corso degli ultimi giorni. Le atlete originarie di Brembate Sopra hanno infatti portato il ciclismo su pista bergamasco sul tetto del mondo aggiudicandosi insieme il titolo iridato nell’inseguimento a squadra che si è aggiunto al bis di Fidanza nello scratch.
Paradossalmente questi successi non sono semplicemente il frutto di fatica e sacrificio, ma di delusioni e aspettative negative, infortuni ed esclusioni che hanno rinvigorito la forza di volontà delle due giovani orobiche, simbolo del rinnovamento del movimento tricolore.
Cresciute entrambe in una famiglia dove si respira ogni giorno aria di ciclismo, Chiara e Martina hanno coltivato il proprio rapporto nelle categorie giovanili dove hanno macinato numerose vittorie a livello europeo incontrando sulla propria strada Elisa Balsamo e Vittoria Guazzini con cui hanno condiviso il trionfo di Saint-Quentin-en-Yvelines.
Dimostrazioni di forza erano già giunte dagli Europei Juniores 2017 dove è andato in scena la prima affermazione internazionale condivisa in maglia azzurra, aprendo così una lunga striscia di vittorie seguita anche a livello Under 23 e posando così le basi per un graduale inserimento nelle rotazioni della Nazionale maggiore.
Il talento che ha consentito loro di emergere direttamente al passaggio nella categoria élite non è stato l’unico punto di forza, quanto soltanto un vantaggio fondamentale per emergere al cospetto di atlete più affermate come Martina Alzini, Rachele Barbieri e Letizia Paternoster.
Le continue sfide contro il cronometro, gli innumerevoli giri compiuti attorno al Velodromo di Montichiari e la consapevolezza di non avere assicurato un posto in squadra non le ha soltanto spinte a migliorare ogni dettaglio, ma ha consentito loro di creare un rapporto di amicizia inossidabile e visibile anche fuori dalla pista.
Un elemento imprescindibile per poter superare sconfitte e delusioni, una costante che più volte si è presentata nella carriera di Martina e Chiara a partire dalle Olimpiadi Estive di Tokyo 2020, vissute rispettivamente in tribuna e davanti alla televisione di casa.
Nonostante i prestigiosi risultati ottenuti nei mesi precedenti fra strada e pista, le giovani orobiche non vennero inserite nel ristretto gruppo di atlete chiamate a prendere parte alla competizione a cinque lasciando così in loro una ferita profonda, ricucita soltanto grazie all’aiuto degli affetti più cari e alla possibilità di rilanciarsi nuovamente.
La determinazione di riprendersi questo sogno in vista di Parigi 2024 e di attuare quel ricambio generazionale in corso ormai da diversi anni hanno consentito loro di completare il processo di maturazione necessario per affrontare senza eccessive apprensioni le principali competizioni internazionali.
A tutto ciò va aggiunta l’intenzione di sperimentare quasi l’intero panorama del ciclismo su pista, macinando così risultati a livello nazionale e internazionale in numerose discipline, dalla velocità all’eliminazione, dalla madison all’inseguimento, costruendo così quella duttilità che soltanto le vere campionesse posseggono.
Questi aspetti hanno aperto così la strada ai risultati ottenuti ai recenti Mondiali anticipati dal titolo iridato dello scratch ottenuto da Martina Fidanza a Roubaix 2021, la tripla corona agli Europei Under 23 e l’argento continentale nell’inseguimento a squadre 2022.
La consapevolezza raggiunta nei propri mezzi e il desiderio di trasformare i propri sogni in realtà non hanno frenato le azzurre in 2022 fra alti e bassi, in particolare per Fidanza che, a partire dal trionfo nella terra delle pietre, è stata costretta a rincorrere continuamente a causa di una serie “infinita” di infortuni.
L’ablazione al cuore, il Covid e una frattura alle vertebre hanno interrotto più volte la preparazione della portacolori della Ceratizit-WNT Pro Cycling Team, costringendola a continue ripartire ogni volta da zero e a metter da parte, per certi versi, le ambizioni su strada.
Discorso simile per Consonni che, dopo aver dimostrato nuovamente le proprie attitudini per le classiche del Nord, si è imposta nell’ultima tappa del Giro d’Italia Femminile lanciandosi nel migliore dei modi verso la prima storica partecipazione al Tour de France.
Ancora una volta il Coronavirus ha lasciato il proprio zampino sul ciclismo femminile bergamasco, costringendo la rappresentante della Valcar-Travel & Service a saltare gli imminenti Europei su pista e puntare direttamente al finale di stagione.
Come uno scherzo del destino, i Mondiali di Saint-Quentin-en-Yvelines si sono trasformati nella grande occasione di riscatto per le stelle del movimento orobico che, come da alcuni anni, ha potuto far affidamento su altri atleti come Martina Alzini, Elisa Balsamo e Vittoria Guazzini, cresciute ciclisticamente a Bottanuco alla corte di Valentino Villa e ora pedine imprescindibili della pista tricolore.
Se Alzini e Guazzini devono molto alla nostra provincia, Balsamo ha deciso di trasformarla nella propria terra dove vivere con il proprio compagno Davide Plebani, ma anche per preparare i trionfi più importanti della propria carriera, dal titolo mondiale su strada ai successi al Giro d’Italia e alla Vuelta di Spagna passando per il Trofeo Binda e la Gand-Wevelgem.
In questo splendido quadro non può mancare Simone Consonni che, dopo aver centrato l’oro olimpico e il record mondiale, si è dovuto accontentare dell’argento nell’inseguimento a squadre maschile e quarto nella madison in compagnia di Michele Scartezzini.
Risultati che hanno lasciato un pizzico di amaro in bocca al 28enne di Brembate Sopra, oggi residente a Lallio, il quale ha dovuto fare i conti con una stagione su strada estenuante che ha sì regalato la seconda affermazione in carriera dopo quattro anni di digiuno, ma ha anche lasciato alcune scorie sul fisico del fuoriclasse bergamasco.
Prestazioni che al tempo stesso hanno ulteriormente impreziosito un palmarès invidiabile per chiunque e che nel corso dell’ultimo decennio è diventato un punto d’arrivo per i giovani orobici che un giorno vorranno toccare le vette più alte del ciclismo su pista internazionale.