Gandino, una serata sui pedali con Giuseppe Saronni e Cristiano Gatti. Dall’esordio con Gimondi al mondiale di Goodwood e la rivalità con Moser

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Racconti sui pedali. È stato questo il filo conduttore di una piacevole serata trascorsa a Gandino a parlare di imprese compiute sulla bicicletta. Ospite d’eccezione Giuseppe Saronni, che di gare ne ha vinte 195. Ma fu nel corso tra il 1982 e il 1983 il biennio della sua definitiva consacrazione. Nel 1982, infatti, vinse il campionato del mondo in Inghilterra con uno scatto impartito ai 500 metri dall’arrivo, impresso ancora oggi nella memoria della generazione che lo seguì, passato alla storia come la “fucilata di Goodwood”. L’anno dopo, nel 1983, con la maglia iridata, vinse la Milano-Sanremo e il Giro d’Italia.

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Crisitano Gatti (a destra)

A stimolare la serata due campioni del giornalismo italiano: il bergamasco Cristiano Gatti, penna raffinatissima, autore del libro “Il Natale di maggio” (edizioni primapagina), dove racconta il dietro le quinte di quel caravanserraglio che è il Giro d’Italia dentro e oltre la corsa con tutto il suo carico di umanità. Un libro nato durante il lockdown quando il Giro d’Italia nel maggio 2020 venne rinviato e Cristiano Gatti, che per 34 anni è sempre stato presente a raccontarne le gesta, si è trovato spiazzato. Così ne ha fatto e scritto uno immaginario. A moderare Pier Augusto Stagi, direttore di Tuttobiciweb.

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Saronni

Ne è uscita una serata ricca di aneddoti, nella quale Saronni non ha risparmiato, con ironia pungente, battute sulla sua rivalità con Moser che ancora oggi si accompagna a una più edulcorata sottolineatura (ma il sorriso sulle labbra di oggi, però, ha più le sembianze di un ghigno), che fa capire quanto sia stata forte ai tempi delle corse.

Quello di Saronni è stato un ciclismo da maglia di lana e bici da 13 chili, dove si percorrevano itinerari da paura. Gli aneddoti iniziano dal ricordo del Passo Gavia fatto sotto la neve e la pioggia con Torriani (patron del Giro) che non ne volle sapere di ridurre i passaggi dell’itinerario previsto come richiesto dai corridori. Mentre i ciclisti di oggi, se c’è pioggia battente e neve, nonostante l’abbigliamento tecnico a disposizione, ottengono tappe abbreviate o deviazioni di percorso.

Saronni non è tipo da politically correct. Non si capacita infatti di vedere “i corridori – ha sottolineato – che alla fine della gara, da battuti, vanno a complimentarsi con i vincitori. Ma se sei stato battuto, di che ti complimenti?”.

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E poi il ricordo dell’esordio da professionista su pista. Si trovò in una gara ai Campionati Indoor al Vigorelli di Milano. Aveva 19 anni (lui è del ’57). In finale ci arriva con nientemeno che Felice Gimondi. Lo batte nettamente. “Alla fine della gara – racconta – io ero strafelice di aver vinto e battuto un mostro sacro come Gimondi. Ma quando mi sono riunito con la mia squadra, i miei compagni non li vedevo così contenti. Mi si avvicinarono e mi dissero: devi andare a chiedere scusa. Hai mancato di rispetto a un campione più grande di te. Così – prosegue Saronnisono andato da Felice Gimondi e mentre lui si stava cambiando gli ho chiesto scusa. E lui: “Ehi giovane, un po’ di rispetto per i vecchi”. Questo aspetto fa capire il rispetto che c’era tra i corridori perché ai più vecchi gli si dava del Lei e li si rispettava. “Poi nel corso della vita – ricorda con affetto Saronni – è nata un’amicizia”.

La sala era gremita di persone giovani e meno giovani (tanti i corridori vecchi e nuovi della Ciclisti Valgandino, guidati dal presidente Sergio Mapelli) venute ad ascoltare i racconti di un grande campione del ciclismo. Ma a salutare Saronni sono venuti anche alcuni suoi ex compagni di squadra o ciclisti professionisti come Mirko Gualdi, che è stato campione mondiale dei dilettanti nel 1990, Beppe Guerini, Osvaldo Bettoni, Stefano Tomasini e il preparatore atletico Fabio Della Torre.

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Giuseppe Saronni con la moglie Laura

Non ultimo, Saronni è sempre accompagnato da una presenza discreta, la moglie Laura. I due si sono conosciuti quanto Laura aveva 13 anni e lui 18. Sono dello stesso paese, Buscate, e praticamente sono cresciuti insieme e non si sono mai lasciati. Laura è la sua memoria storica. Lei si ricorda tutto e conserva gelosamente ogni cosa. Di fatto è il suo archivio personale. Ma è così discreta da evitare i riflettori della stampa e della televisione. “Non capisco – dice – le mogli dei corridori che si fanno trovare al traguardo e si prestano a scene di baci e abbracci quando i propri mariti arrivano alla fine della corsa. Noi li aspettavamo in disparte, in albergo, anche se poi loro da atleti dovevano vivere separatamente con la squadra. È stato così dal mio viaggio di nozze ed è sempre continuato in questo modo”.

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Al termine per Beppe Saronni anche un premio alla carriera, a 40 esatti dalla vittoria al Giro del 1983 con la maglia iridata. Nessuno ci è più riuscito dopo di lui, e prima tale impresa era riuscita solo ad Alfredo Binda e Eddy Merckx. Il sindaco di Gandino Filippo Servalli e il presidente della Pro Loco, Lorenzo Aresi, hanno consegnato un trofeo creato dall’orafo Mauro Moioli montato su una pietra originale del selciato di Piazza Vittorio Veneto. Una riedizione del classico trofeo che premia ogni anno (appuntamento il prossimo 30 giugno) i concorrenti della Corsa delle Uova. Qualcuno ci ha messo il pepe: “Chissà che un giorno la sfida delle uova non possa essere fra Saronni e Moser“.