Neil Armstrong è colui che ha portato a termine vittoriosamente la corsa verso la Luna, ultimando in una ideale staffetta il percorso siderale che separa la Terra dal satellite naturale. Era il 20 luglio 1969 e il mondo, appeso al sottile equilibrio tra i due blocchi, non sarebbe stato più lo stesso. L’allunaggio e la prima passeggiata di un essere umano su un altro corpo cosmico sono paragonabili a un’asticella portata sempre più in alto. A differenza di una pedana di salto, però, gli astronauti non avrebbero potuto sbagliare perché in ogni fase dello straordinario viaggio non sarebbe stata concessa loro una seconda possibilità. La conquista della Luna ha rappresentato la più grande prestazione sportiva di tutti i tempi, perché la preparazione richiesta alla dozzina di uomini che hanno messo piede sulla superficie selenita e agli altri che hanno potuto solo orbitarvi è stata superiore a qualsiasi altra prova di forza, resistenza, capacità, concentrazione, precisione. Unite queste doti, ecco plasmata la figura di Neil Armstrong, l’uomo che per prima ha poggiato nella spessa coltre di polvere lunare il proprio piede, in realtà l’impronta della suola dello scarpone contenuto nell’abbondante tuta. Ancor’oggi, chi pratica le superfici innevate, riproduce quella forma calzando i famosi moon boot, un successo commerciale ispirato all’impresa lunare. Ma le immagini in bianco e nero condite dalle voci gracchianti dei dialoghi tra il Mare della Tranquillità e il centro di controllo di Houston nel Texas regalano emozioni ineguagliabili e senza tempo.
La NASA scelse uno dei due civili, nella nutrita pattuglia di astronauti dell’epoca, per segnare l’epopea dell’esplorazione umana della Luna. Neil Armstrong, scomparso il 25 agosto 2012 all’età di 82 anni (esattamente mezzo secolo dopo il suo ingresso nella NASA), venne designato comandante della missione Apollo XI ed è entrato di diritto nella storia universale. Ma per il resto della vita non se n’è vantato, rifiutando celebrità e riflettori, preferendo vivere la normalità. Eppure, per arrivare a toccare la Luna l’equipaggio di Apollo XI ha dovuto sopportare le violente accelerazioni in fase di lancio da Cape Canaveral, guidare il modulo lunare nella discesa verso il punto prescelto con le abilità sommate di un pilota di formula uno, un campione di tiro, un paracadutista. Durante la fase di avvicinamento alla superficie lunare, Armstrong prese i controlli manuali del Lem e lo pilotò fuori da una zona impervia. Alla fine rassicurò il mondo intero annunciando: «Houston, Tranquillity Base here. The Eagle has landed.»«Houston, qui Base della Tranquillità. L’Aquila è atterrata». Una volta sceso dalla scaletta e poggiato il piede, pronunciò la frase più celebre: «That is one small step for [a] man, one giant leap for mankind.»«Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità». Qualche giornalista fece notare come, una volta sulla Luna, Armstrong o qualcun altro della dozzina di astronauti sbarcati, avrebbero potuto battere quantomeno il record di salto in lungo, approfittando della gravità ridotta a 1/6. Armstrong si è limitato a saltellare, forse dentro di sé con la stessa gioia e soddisfazione di un bambino, consapevole di aver contribuito a cambiare la storia dell’umanità.