Una vita per gli altri

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C’è chi fa a pugni con il destino, in modo istintivo, il più delle volte spinto dalla rabbia. C’è chi fa a pugni per mestiere, perché sente di avere la boxe nel sangue. Infine c’è chi sale sul ring per amore dello sport e continua a dare il meglio di se per gli altri quando sfila i guantoni e si rimbocca le maniche. Quest’ultimo caso racchiude la storia di Simone Rossetto, 29enne pugile genovese, che da una dozzina di anni abbina i duri allenamenti in palestra e l’arte del pugilato all’impegno nell’assistenza ai disabili. Uno straordinario esempio di dedizione che è semplicemente frutto di una scelta rispondente a un bisogno e a una vocazione. Figlio di uno psicologo impegnato a seguire ragazzi disabili, Simone si è incanalato nella psicopedagogia per poter assistere i soggetti più deboli, non solo nei centri che li ospitano ma anche a casa, dove le esigenze del portatore di handicap spesso si scontrano con l’invecchiamento dei genitori. Della sua importante missione quotidiana ha parlato il Corriere della Sera, descrivendo l’esperienza che, va sottolineato, ha molti punti in comune con altri sportivi dediti al volontariato inteso nel senso più nobile e disinteressato. Simone e gli sportivi pronti a dedicarsi a più bisognosi non si fa un grande parlare, ma non è uno scandalo perché certe storie si costruiscono per amore del prossimo e proprio, perché aiutano a stare e a fare meglio, soprattutto nella professione e nelle attività sportive. Non servono i riflettori per fare del bene, amare e farsi amare. Soprattutto da chi fa i conti dalla nascita con la propria disabilità e chi invece si è ritrovato all’improvviso diversamente abile, entrambi ugualmente bisognosi di essere guidati nel tortuoso percorso della vita.

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